Un’indagine commissionata da reichelt elektronik su un campione di 250 intervistati italiani durante il mese di maggio 2021 ha evidenziato gli effetti dei colli di bottiglia verificatisi lungo le supply chain nazionali e le strategie messe in atto dalle aziende italiane per fronteggiare questi rallentamenti e dare un nuovo ritmo alla produzione, sfidando la crisi.
Dall’inizio della crisi sanitaria ed economica le aziende italiane hanno registrato una media di 36 giorni di fermo produzione.
Il 36% degli intervistati italiani conferma che, dall’inizio del 2020, nella propria azienda si sono verificati rallentamenti nella produzione industriale a causa di forti ritardi nella consegna di componenti e materie prime essenziali. Nel 18% dei casi, la produzione è stata interrotta completamente a causa della carenza dei materiali, portando a un fermo della produzione tra 11-30 giorni nel 30% delle aziende interpellate, tra 31-60 giorni per il 28% e tra 61-90 giorni per il 13% dei casi.
Secondo i dati dell’analisi di reichelt elektronik, il 36% delle imprese italiane di medie dimensioni (50-249 dipendenti) ha dovuto fronteggiare cali di fatturato tra i 50 e i 100 mila euro, mentre le imprese di maggiori dimensioni hanno dovuto subire perdite più notevoli, con cifre tra i 500 mila e 1 milione di euro per il 33% delle aziende con 250-499 dipendenti e per il 38% delle realtà con oltre 1.000 dipendenti.
Il 22% dei rispondenti al sondaggio ha affermato che la propria azienda ha registrato perdite tra i 50 ed i 100 mila euro.
A fronte di una situazione caratterizzata da ritardi nelle forniture, il 30% degli intervistati italiani ritiene che sarebbe stato opportuno affidarsi a nuovi fornitori, mentre il 29% di essi ha confermato di aver effettivamente fatto ricorso a nuovi partner. Tra le ulteriori conseguenze negative della crisi che ha coinvolto la catena di approvvigionamento, il 36 per cento degli intervistati italiani dichiara che i prezzi di alcuni componenti sono aumentati significativamente dall’inizio della pandemia. Il 30% delle aziende ha invece dovuto ricorrere alla riduzione dell’orario lavorativo dei propri dipendenti e l’11% di esse è stata costretta a licenziare parte del personale.
Come guardano al futuro le aziende italiane?
Il 71% delle aziende italiane è tuttavia ottimista e spera in una ripresa globale delle catene di approvvigionamento nell’arco dei prossimi 12 mesi, mentre il 20% è ancora scettica a riguardo. Per gran parte delle aziende (37%), tra i principali fattori che potrebbero complicare l’approvvigionamento di componenti e materiali nel lungo termine vi è la carenza di materie prime, seguita da un aumento della domanda dei componenti più ricercati (33%) e da problematiche legate al commercio internazionale a causa dell’aumento dei tentativi di protezionismo (32%). Il 29% è invece preoccupato dal fatto che diverse pandemie possano verificarsi più frequentemente in futuro.
Nonostante uno scenario particolarmente incerto, sono state molte le aziende che si sono mobilitate per esaminare attentamente gli elementi e i mezzi a loro disposizione per superare la crisi. In particolare, il 47% di esse ha deciso di fare affidamento anche su nuovi distributori per l’approvvigionamento di componenti e beni essenziali, mentre il 46% ha aumentato lo stock a magazzino dei componenti critici. Il 33% ha invece deciso di rivolgersi direttamente ai produttori per gli ordini.
Governo e Industria 4.0
Al fine di dare vita ad una logistica sempre più intelligente ed efficiente lungo l’intera value chain, dall’inizio della pandemia il 38% delle aziende italiane ha affermato di aver adottato soluzioni di Industria 4.0 e tecnologie IoT per monitorare la supply chain. Il 23% di esse ha adottato questo approccio anche prima dell’avvento del Covid-19, mentre il 24% ha in programma l’implementazione di soluzioni di Industria 4.0 entro i prossimi 12 mesi.
Ma che ruolo gioca il governo? Il posizionamento del governo italiano nei confronti dei partner commerciali fornisce sostegno sufficiente? Il 38% delle industrie italiane giudica positivamente il sostegno da parte dello Stato, ma il 37% di esse ritiene che vi debbano essere maggiori investimenti nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, oltre che nella produzione diretta di componenti essenziali. Il 35% vede invece la necessità di una maggiore coesione commerciale a livello europeo, oltre a misure di protezione della propria economia locale (30%).
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