Alba Pcb Group: un successo tutto italiano nel mercato dei Pcb

Alla base di oltre 30 anni di successi in un mercato particolare come quello dei circuiti stampati c’è una strategia produttiva che guarda al Far East senza mettere però in discussione il fondamentale ruolo del plant produttivo hi-tech italiano. Lo spiega Fabio Puccia Modica, Chief Commercial Officer di Alba Pcb Group.

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Puccia Modica Alba Pcb Group

di Laura Reggiani | A Mogliano Veneto, nei dintorni di Treviso, si trova il quartier generale di  Alba Pcb Group, gruppo internazionale che ha come capostipite Alba Elettronica, società fondata nel 1989 da Alberto e Luca Bacchin, che negli anni è cresciuto fino ad arrivare ad occupare oltre 90 persone e ad avere una forte presenza anche sul mercato internazionale, grazie a un modello di business fortemente orientato al cliente in termini di soddisfazione di ogni sua esigenza di prodotto, di servizio e di risparmio, e a una strategia che ha saputo coniugare la produzione in Italia con quella nel Far East. Il gruppo include aziende altamente specializzate, che lavorano in forte sinergia per offrire un servizio unico e completo per la fornitura di circuiti stampati.

Alla guida della divisione commerciale di Alba Pcb troviamo Fabio Puccia Modica, profondo conoscitore delle dinamiche, delle peculiarità e delle esigenze di un mercato particolare e in costante evoluzione, che nel 2019 ha portato in azienda la sua esperienza ultraventennale nei circuiti stampati, settore dove si è occupato da sempre della pianificazione di strategie commerciali.

Il circuito stampato è un prodotto spesso poco considerato. Ci può offrire una panoramica del mercato dei Pcb? Quali sono le sue peculiarità?

Essendo alla base di qualsiasi progetto e quindi di qualsiasi prodotto elettronico, dalle automobili agli elettrodomestici, il circuito stampato è un prodotto decisamente strategico. Eppure, nel corso degli anni è stato svilito e impoverito, fino ad essere oggi trattato come una commodity. Per contro, rappresenta il prodotto custom per antonomasia e ne mantiene tutte le caratteristiche di prodotto sartoriale fatto su misura, essendo caratterizzato da una forte variabilità in termini di prestazioni, colori, spessori e volumi. Il Pcb è infatti un prodotto tecnologicamente stressato, che sottostà alle logiche della miniaturizzazione e a cui viene richiesto sempre di più. Nonostante questo, il focus si è spostato dalla tecnologia al prezzo. Più che di peculiarità parlerei quindi di paradossi.

In Italia il numero di player attivi nella produzione di Pcb si è fortemente ridotto nel corso degli anni. Quali sono le problematiche che il settore deve ancora affrontare?

La problematica più grossa che il settore ha affrontato negli ultimi vent’anni è certamente legata alla concorrenza asiatica, che ha fatto sì che i player attivi nella produzione di Pcb passassero dagli oltre 220 degli anni 90 a meno di cinquanta oggi, che si riducono ancora della metà se pensiamo ad aziende che sono in grado di rimanere allo stato dell’arte della tecnologia, di sostenersi e di fare gli investimenti necessari. Nel tempo il settore ha infatti sperimentato una transizione che ha portato il focus a spostarsi dalla produzione al commercio. Molti player del settore hanno colto l’opportunità e creato delle strutture di trading, generando un impoverimento della produzione italiana a favore di quella cinese intermediata dai trader. Una delle problematiche che a mio avviso dovrà invece affrontare in futuro il settore dei Pcb è legata alla mancanza di competenze. I clienti ci chiedono infatti di essere supportati con cicli produttivi, tecnologie e processi all’avanguardia, ci chiedono di essere indirizzati verso le scelte e le soluzioni migliori, ci chiedono supporto tecnico e di servizio. Ma se, in un mercato guidato solo dal prezzo, i clienti continueranno a indirizzare le loro richieste alle aziende cinesi, senza salvaguardare il sistema locale, europeo e italiano, tali competenze andranno presto perdute e non ci sarà poi più nessuno in grado di risolvere al cliente un problema e di offrire quel supporto che nel mercato Pcb è fondamentale. Fortunatamente ci sono ancora anche in Italia dei clienti illuminati, che hanno compreso quanto sia un controsenso, soprattutto quando si parla di volumi medio bassi, produrre Pcb in Cina sostenendo gli alti costi dei trasporti e i lunghi tempi della logistica.

Cosa ha permesso ad Alba Pcb Group di rimanere competitiva in un mercato così concorrenziale? Quanto è difficile continuare a produrre tecnologia in Italia?

Per continuare a operare e a produrre tecnologia in un mercato così concorrenziale occorre, a mio avviso, avere una massa critica importante e uno sviluppo commerciale che permetta di sostenere economicamente gli ingenti investimenti in tecnologie, processi e macchinari ad hoc necessari alla produzione. Si tratta comunque di una difficoltà che non riguarda solo l’Italia, ma che coinvolge molti altri Paesi europei che devono sottostare a vincoli e regole a volte anacronistiche, come quella che ci vede dover pagare un dazio imposto dalla comunità europea per importare dall’Asia i materiali di base, mentre il prodotto finito asiatico non sottostà a nessun dazio.

Lo shortage iniziato nel mondo dei semiconduttori sta coinvolgendo anche altri componenti. Qual è la situazione nell’ambito dei Pcb?

Lo shortage è nato dal mondo dei semiconduttori, ma ha coinvolto rapidamente e inaspettatamente tutti i settori e i prodotti. Attualmente la situazione è per noi problematica per quanto riguarda la gestione delle materie prime, che stanno vivendo, tutte indistintamente, una forte instabilità di prezzo. Alcune, penso ad esempio al rame, ai prodotti chimici, ma anche agli imballaggi, hanno registrato nel giro di pochi mesi aumenti di prezzo impressionanti, che vanno pesantemente a impattare sul costo del prodotto finito. In particolare, tutto quello che arriva dal Far East soprattutto via nave, è aggravato oggi non solo da costi ma anche da tempistiche elevate; una situazione questa che avvantaggia chi come noi è in grado di produrre localmente. La situazione è quindi in generale critica, aggravata anche dalla difficoltà di gestire una estrema instabilità della domanda che non permette di organizzare e pianificare.

Ci può offrire, in conclusione, una sua visione più generale e a lungo termine del settore? Quali supporti e strumenti servirebbero alle imprese di Pcb per essere più competitive?

Come dicevamo all’inizio, il Pcb è un prodotto che non è mai stato adeguatamente valutato e considerato. Solo negli ultimi tempi si sta comprendendo l’importanza della filiera elettronica, e quindi del Pcb che ne sta alla base. Si dovrebbero a mio avviso sensibilizzare le istituzioni italiane ed europee sul ruolo strategico del Pcb, un prodotto che dovrebbe essere tutelato con diverse forme e modi, come già fa, ad esempio, il governo cinese che, avendone compreso l’importanza, aiuta e agevola le imprese locali. Non chiediamo di imporre dazi sulle importazioni, come sta facendo il governo americano con la “China Ta- riff”, ma almeno di dimostrare una certa consapevolezza delle dinamiche del mercato e dell’importanza del settore, supportando le aziende europee nella produzione locale di Pcb e sostenendo gli imprenditori in una lotta impari con una concorrenza cinese che beneficia di un gap di costo incolmabile, non solo in termini di manodopera ma anche di infrastrutture, processi e costi ecologici.


L’articolo integrale è stato pubblicato
sul numero 11 di Elettronica AV


 

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