di Georg Steinberger |
In tempi in cui le sfide tecniche, commerciali e anche geopolitiche aumentano e le incertezze e offuscano la visione anche sugli sviluppi a breve termine nei mercati globali come quello dei componenti elettronici, l’attenzione normalmente si sposta sulla garanzia di ciò di cui si ha bisogno per l’attività immediata, quasi a ogni costo.
Pertanto, quando non è disponibile quasi nulla, come durante il recente periodo di shortage, potrebbe non essere evidente che alcuni prodotti potrebbero anche non tornare. Tuttavia, almeno nella percezione, sembra che questa progressiva eliminazione di prodotti, chiamata anche obsolescenza, sia negli ultimi tempi aumentata ed è probabile che aumenterà di importanza nei prossimi anni.
Quando l’Iiom (International Institute of Obsolescence Management) avrà tenuto il suo incontro globale in ottobre a Londra, ci troveremo alla fine di un’allocazione che è stata definita “il grande shortage”. Sarà a questo punto necessario domandarsi se questa percezione è davvero reale, se l’obsolescenza diventerà un problema più ampio e in questo caso come potrà essere gestita.
I numeri dell’obsolescenza
Guardiamo innanzitutto ai numeri: secondo alcuni analisti di mercato, nel campo dei componenti elettronici, esistono sul mercato più di 1 miliardo di componenti elettronici differenti, dai resistori ai processori multicore, che vengono utilizzati dai clienti di tutto il mondo.
Poiché i database dei prodotti tendono ad essere inflazionati da dati duplicati, una visione più realistica sarebbe quella di parlare di una quantità compresa tra i 150 e i 250 milioni di componenti diversi, provenienti da un numero altrettanto considerevole di produttori. Va tenuto presente che ciò non significa che ci sia ampia disponibilità o concorrenza da parte di ciascuna parte, perché molti di questi componenti provengono da un’unica fonte e non sono facilmente intercambiabili. Poiché le regole di gestione del ciclo di vita del prodotto in alcuni settori richiedono che produttori e fornitori garantiscano la disponibilità per un periodo di tempo stabilito, che arriva anche fino a 20 anni, ad esempio nelle applicazioni medicali o militari, il settore sempre innovativo dell’industria dei componenti elettronici ha acquisito un’enorme lista di prodotti “legacy” che devono essere realizzati e resi disponibili per molto tempo, a volte anche solo per pochissimi clienti. Ad un certo punto, a meno che non ci siano servizi speciali che se ne occuperanno, alcuni componenti diventeranno obsoleti.
Potrebbe essere una mia mancanza, ma non ho mai visto una statistica che indichi quanti di questi 250 milioni di pezzi potrebbero diventare obsoleti ogni anno. Tuttavia, anche se fossero solo poche centinaia di migliaia di componenti all’anno – diciamo meno dell’1% – potrebbero causare enormi problemi a progettisti, buyer e responsabili della produzione.
Le cause dell’obsolescenza
Il fenomeno dell’obsolescenza non si verifica solo per motivi commerciali. Fusioni e acquisizioni, insieme all’innovazione avvenuta a quasi tutti i livelli tecnologici hanno infatti portato anche a una razionalizzazione del portafoglio.
Recentemente, un altro aspetto ha causato l’obsolescenza dei componenti: si tratta dei divieti sulle sostanze. L’adozione nell’Unione Europea della “Direttiva sulla riduzione delle sostanze pericolose”, detta Rohs, e della direttiva sulla “Registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche” detta Reach, ha costretto le industrie a riconsiderare i materiali utilizzati nella produzione industriale e ad evitare l’utilizzo di alcuni componenti.
Con il discusso divieto di ampi gruppi di “sostanze per- e polifluoroalchiliche” (Pfas) nell’Unione Europea, non solo i componenti del prodotto potrebbero essere colpiti, ma anche i processi e le attrezzature di produzione. In un recente incontro del Cogd (Components Obsolescence Group Deutschland), membro del già citato Iiom, la preoccupazione generale era che un divieto assoluto di utilizzo dei Pfas nell’UE che avrebbe enormi implicazioni sui prodotti e provocherebbe un’enorme ondata di obsolescenza negli anni a venire, aggravando ulteriormente la situazione di processi di progettazione già difficili.
La gestione dell’obsolescenza
Rispetto al passato, in molte aziende la gestione dell’obsolescenza è diventata una procedura molto professionale.
La cooperazione nelle associazioni o tra di esse è migliorata notevolmente e standard come Smart-Pcn (Notifica di modifica del prodotto) aiutano notevolmente a mantenere i controlli. Tuttavia, gran parte di questa procedura rimane manuale, richiede dipartimenti separati per gestire le ramificazioni dell’obsolescenza e affrontare le sfide nel flusso di informazioni lungo tutta la supply chain.
Il Product Lifecycle Management è una strategia che ogni attore della catena di fornitura dell’elettronica dovrebbe implementare: con linee guida, obiettivi e requisiti chiari su tempi, formati di dati, comunicazione e piani alternativi, può aiutare a identificare gli ostacoli o le sfide e a ideare strategie di mitigazione del fenomeno. La prima responsabilità, a mio avviso, spetta comunque agli ingegneri progettisti, che devono cercare di evitare i rischi fin dall’inizio del progetto, comprendendo il dispositivo che stanno progettando al di là dei puri dati parametrici o funzionali. Il più grande rischio è per gli Oem o gli Ems che devono fornire agli ingegneri l’autorità per esercitare le proprie responsabilità, e strumenti e informazioni per consentire loro una migliore valutazione del rischio. Dati e strumenti sono disponibili oggi, molto più e meglio di 20 anni fa e con dettagli e strutture più professionali: è sufficiente controllare i siti web dell’Iiom o dei loro capitoli locali.
Ciò che non vedo in questo contesto è una migliore cooperazione da parte dei produttori di componenti. Ognuno costituisce una singola isola o un singolo universo, ed è scarsa la partecipazione a riunioni di settore rilevanti come quella imminente a Londra, fatto questo sorprendente, se si considera l’origine dei Pcn. Non sarebbe forse utile definire regole migliori e più affidabili per un processo che diventerà sempre più impegnativo con il progresso della tecnologia e dell’innovazione negli anni a venire? Ma ecco che la soluzione all’obsolescenza potrebbe essere proprio dietro l’angolo: ingegnere progettista, perché non chiedi a ChatGpt se è sicuro progettare con un determinato componente e quale potrebbe essere l’alternativa? Certo, potrebbe portare anche a scoperte divertenti, ma non sarei sorpreso di trovare questo approccio più diffuso nei prossimi anni di quanto si possa pensare oggi. In ogni caso, anche se questo avverrà, non sarà certo lo strumento adatto a ridurre, né tantomeno eliminare, il fenomeno.