di Alan Friedman | Volete un esempio, per quanto apocrifo, del Nuovo Disordine Mondiale che si affaccia all’orizzonte? Vi basta dare un’occhiata al Mar Rosso per capire gli squilibri dell’economia che ci si prospettano nel 2024.
I terroristi Houthi in Yemen sparano e lanciano missili contro le petroliere e le portacontainer occidentali nel Mar Rosso, ma si guardano bene dall’attaccare le navi cinesi e russe. Gli Houthi sono armati e teleguidati dagli ayatollah di Teheran, proprio come i loro fratelli di Hezbollah e Hamas. Combattono contro Israele, contro l’Arabia Saudita e soprattutto contro i satanici Stati Uniti d’America.
I cinesi, nel frattempo, si sono conquistati una grande influenza sull’Iran. Comprano ingenti quantità di petrolio e si propongono come garanti e decisori degli equilibri di potere su scala globale, prendendo il posto lasciato vacante dagli Stati Uniti. Nella primavera del 2023, la Cina ha fatto da mediatore per uno storico riavvicinamento diplomatico tra Arabia Saudita e Iran, a Pechino. Alla luce di tutto questo non ci sarebbe da sorprendersi che nel gennaio 2024 Washington abbia chiesto alla Cina di far leva sul suo legame con gli ayatollah per convincerli a tenere a freno gli Houthi. È di questo che hanno parlato il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan con Liu Jianchao, alto funzionario del Partito Comunista Cinese.
La supply chain sotto pressione
A febbraio il ritmo degli attacchi ha dato segni di rallentamento, ma è difficile stabilire se questa parziale rischiarita sia dovuta alle pressioni americane su Pechino o ai ripetuti contrattacchi che statunitensi e britannici hanno lanciato contro le postazioni Houthi nello Yemen.
Le incursioni aeree Usa hanno ottenuto l’effetto di ridurre i rischi di aggressioni da parte degli Houthi ai danni delle navi nel Mar Rosso, ma al momento non ci sono grandi prospettive di un massiccio ritorno di compagnie di navigazione nel tratto del Canale di Suez. A causa di questa situazione di pericolo e di continua incertezza, molte navi preferiscono semplicemente circumnavigare il Corno d’Africa: sono 10-15 giorni in più di viaggio, e quindi di tempi di spedizione per gli importatori europei.
Il nuovo governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, ancora fresco di nomina, di recente ha dichiarato di non nutrire timori che i conseguenti costi extra possano innescare un’altra impennata inflazionistica. Eppure, gli effetti reali sono ancora tutti da verificare. In gran parte l’esito finale dipenderà da una semplice domanda: sarà un problema temporaneo o si trascinerà a lungo termine? La risposta dipende a sua volta da quanto durerà la guerra a Gaza.
Perturbazioni dell’economia
Lo scenario del Mar Rosso è solo l’esempio più lampante di una serie di perturbazioni nelle catene di approvvigionamento che hanno tormentato il globo negli ultimi anni, e con cui abbiamo dovuto imparare a fare i conti dopo gli scossoni dell’inizio della pandemia del Covid nel 2020-2021 e dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Tra i fattori che hanno causato queste perturbazioni hanno avuto un grande impatto alcune misure autoimposte. Per esempio, la tendenza dei Paesi del G7 al “friend-shoring”, o i tentativi dell’Occidente di ridurre la dipendenza dalla Cina per quanto riguarda l’importazione di terre rare e batterie per veicoli elettrici.
Altre cause scatenanti sono invece correlate a eventi geopolitici, come per l’appunto le guerre in Ucraina e in Medio Oriente. Sono stati compiuti grandi sforzi nel nome del “de-risking”, attenuando la dipendenza dalla Cina per materiali e prodotti di grande importanza strategica e ponendo delle restrizioni sui prodotti ad alta tecnologia che l’Occidente vende al gigante asiatico. Gli Stati Uniti sono stati in prima fila in questo gioco. Ma è un tentativo vano che non porterà a nulla di buono.
Il G7 propone la diplomatica definizione di “de-risking”, considerata più gentile e meno offensiva per i cinesi rispetto a “decoupling”, ma in ogni caso il processo di disaccoppiamento è confinato sul piano della retorica più che della verità. I legami tra Stati Uniti e Cina, così come quelli tra Cina ed Europa, sono ancora oggi stretti, le loro economie sono interconnesse nell’ottica dei commerci e degli scambi globali, e non ci sarà nessun disimpegno nel prossimo futuro.
Il fascicolo Taiwan
Molti leader occidentali però, in particolar modo i più populisti, amano declamare a gran voce che il loro obiettivo è rendersi indipendenti dalle importazioni cinesi. Anche se la realtà dice che dei piani simili hanno ben poche possibilità di concretizzarsi nel breve termine. Adesso che negli Stati Uniti è iniziata un’altra squallida corsa alla Casa Bianca, chiedere il decoupling dalla Cina va di moda, è popolare, è bipartisan. E quindi avanti con le critiche a Pechino per le violazioni dei diritti umani, avanti con le proposte di tenere in piedi i ridicoli dazi dell’era Trump.
Sembra che repubblicani e democratici stiano facendo a gara a chi fa la voce più grossa sulla questione Taiwan. È questa la realtà odierna di Washington, e non promette bene per il prossimo futuro. È vero però che il presidente Xi Jinping deve fare i conti con un’economia in crisi e ha fin troppi grattacapi sul fronte interno; quindi, con ogni probabilità opterà per mettere in stand-by il fascicolo Taiwan, rimandando qualsiasi iniziativa a dopo le presidenziali statunitensi. Insomma, vorrà vedere chi salirà alla Casa Bianca.
L’economia e gli squilibri del 2024
Dove ci porta tutto questo? Ancora alla deriva nel Mar Rosso, ecco dove. Faccia a faccia con una molteplicità di rischi geopolitici per l’economia globale. Dal punto di vista finanziario qualche buona notizia per il mondo intero c’è: l’inflazione in America e in Europa scende rapidamente, e prima della fine della primavera del 2024 la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve dovrebbero dare inizio a una serie di graduali tagli ai tassi di interesse. L’economia statunitense è forte, quella dell’Eurozona sta tornando verso il suo consueto modello basato su un ecosistema di bassa crescita e bassa inflazione, mentre la Cina è alle prese con problemi economici enormi.
Sono questi gli squilibri che ci si prospettano nel 2024. I problemi nel Mar Rosso non sono che una manifestazione acuta di minacce asimmetriche. La cessazione delle ostilità in Medio Oriente dovrebbe mettere un punto anche agli attacchi degli Houthi, almeno in teoria. Non è chiaro se la fine della guerra di Gaza comporterà la fine degli attacchi per procura di matrice iraniana in tutto il Medio Oriente. In Ucraina lo scenario più realistico è che la guerra di Putin andrà avanti fino alle elezioni presidenziali americane di novembre. La fornitura di armi Usa sarà il fattore critico da cui dipenderanno le speranze ucraine di sopravvivere come nazione. Le catene di approvvigionamento saranno soggette a oscillazioni e mutazioni nei prossimi mesi, ancora in balia dei disordini geopolitici e della frammentazione degli scambi globali, ancora vulnerabili ai capricci di politici, presidenti e dittatori.