di Laura Reggiani | Raccontare la storia di OMR Italia significa fare un salto indietro nel tempo di mezzo secolo, quando nacque l’avventura imprenditoriale che ha permesso a OMR di diventare un riferimento internazionale nello sviluppo e nella realizzazione di circuiti stampati. Fondata nel 1974, la società si è presto affermata come uno dei maggiori produttori europei di Pcb professionali, grazie anche alla collaborazione con realtà multinazionali. È iniziato così, come ci ha raccontato Gabriella Meroni, partner e Ceo di OMR, un percorso all’insegna dell’evoluzione e della crescita costante. Nel corso degli anni, la gamma di prodotti offerti da OMR è stata infatti implementata attraverso la partnership con produttori asiatici, per soddisfare le richieste sempre più competitive del mercato, assicurando un eccellente prodotto attraverso rigidi controlli di qualità interni e la messa in campo del know-how acquisito, permettendo alla società di diventare un partner tecnologico in svariati settori di applicazione dell’elettronica.
Il circuito stampato è alla base di qualsiasi prodotto elettronico ma è spesso poco considerato. Ci può offrire una panoramica del settore e del mercato dei Pcb? Purtroppo, il circuito stampato è considerato un componente passivo, non è blasonato come i chip di cui tutti parlano e non è mai menzionato nelle politiche e nelle scelte economiche, pur essendo tra i prodotti più pervasivi che esistono e necessario per la realizzazione di qualsiasi dispositivo elettronico. Si tratta di un settore fortemente dipendente dall’Asia, visto che le materie prime per produrre i Pcb, i cosiddetti consumer, sono difficilmente reperibili sul mercato europeo. Nel settore abbiamo assistito, soprattutto nell’ultimo ventennio, a una forte scrematura dei player presenti. In passato esistevano tantissimi produttori di Pcb, sia in Europa che in Italia: oggi a produrre in Europa siamo rimasti in pochi, in Italia pochissimi, tutto il resto è trading di circuiti importati dall’Asia. Questo ha portato a un conseguente impoverimento di tutta la filiera di fornitura in Europa.
Come si è evoluta OMR da quando è nata nel 1974? Quali sono state le tappe più significative di questi 50 anni di attività?
OMR nasce nel 1974 per la produzione di circuiti stampati. A partire dagli anni Ottanta si è verificata una crescita repentina del settore dell’elettronica e anche la nostra società si è sviluppata, prima sul mercato italiano e poi dagli anni Novanta anche sui mercati internazionali. Negli anni 2000 abbiamo invece realizzato l’attuale plant di produzione che copre una superficie di circa 10mila metri quadri, un plant molto efficiente, con tutte le caratteristiche per poter produrre alti volumi di Pcb; un sito produttivo che rispetta tutti i più elevati standard di sicurezza per i lavoratori e garantisce le norme per la tutela dell’ambiente. Infine, a partire dal 2018 abbiamo dovuto necessariamente integrare la produzione di circuiti stampati con l’attività di commercializzazione di Pcb che acquistiamo direttamente da produttori asiatici da noi selezionati in base a diversi criteri di qualità, tecnologia e prezzo.. Non si tratta però di semplice trading, ma di commercializzazione di prodotti che vengono sottoposti a tutti i controlli necessari.
Negli anni OMR ha esteso i suoi ambiti commerciali fuori dall’Italia. Come procede il processo di internazionalizzazione?
A partire dagli anni Novanta, come dicevo, abbiamo venduto quasi esclusivamente all’estero, supportati dalla nostra capacità produttiva interna e dalle partnership con i fornitori asiatici e, attualmente, abbiamo una percentuale di fatturato che va in esportazione vicina al 90%. Commercializziamo a livello europeo, principalmente nell’area Dach, quindi Germania, Austria e Svizzera, dove abbiamo molti clienti importanti. Negli ultimi anni ab- biamo lavorato molto puntando sui mercati esteri, oggi vogliamo invece rafforzare maggiormente la nostra presenza, sia come azienda di produzione sia come azienda di commercializzazione, sul mercato italiano.
Qual è oggi il vostro modello di business? Quali sono i punti di forza e di differenziazione rispetto alla concorrenza?
Abbiamo una capacità produttiva poco replicabile sul mercato nazionale, in termini di metri quadri prodotti, e siamo in grado di gestire alcune quote di mercato di quei pochi clienti che ancora vogliono un prodotto realizzato in Europa. Avere delle forti capacità produttive interne ci permette inoltre di servire da backup nel caso in cui succedano particolari eventi, vedi l’attuale situazione del Mar Rosso, supportando i clienti con produzioni veloci e di qualità. Nell’ambito della commercializzazione, come dicevo, ci distinguiamo perché abbiamo un know-how e un bagaglio di conoscenze a livello produttivo di mezzo secolo, che ci permette di svolgere sui prodotti importati delle analisi qualitative prima che vengano spediti al cliente.
A quali settori e applicazioni finali vi rivolgete? Quali sono quelli che hanno le maggiori potenzialità?
I prodotti OMR trovano impiego nell’elettronica di potenza, nelle energie rinnovabili, nell’automotive, nella domotica, nella robotica, nel ferroviario, nel medicale, nell’e-mobility e nelle telecomunicazioni. Siamo particolarmente competenti nel settore delle energie rinnovabili, in particolare negli inverter per il fotovoltaico, per cui produciamo circuiti con elevati spessori di rame, che ci permettono di distinguerci dal resto della produzione europea. Lavoriamo molto bene anche in ambito telecom, automotive e lighting e sviluppiamo internamente anche soluzioni per la sicurezza come gli antifurti.
Cosa vi ha permesso di rimanere competitivi in un mercato così concorrenziale e globale? Quanto è difficile (e costoso) produrre tecnologia in Italia?
In OMR, la competitività la cerchiamo e la troviamo tutti i giorni, compatibilmente con il contesto generale. Per un’azienda di produzione come OMR, competitività significa economicità di tutti i processi che portano alla realizzazione del circuito stampato, partendo dall’acquisto delle materie prime che, come dicevo, sono di provenienza asiatica. Si tratta di un settore capital intensive, dove sono necessari investimenti importanti per tenere in piedi un’azienda di produzione di circuiti stampati. Inoltre, bisogna tenere in considerazione tutti i limiti legati agli aspetti ambientali a cui le società europee sono assoggettate a livello normativo. Infine, non dobbiamo dimenticare i costi energetici, che rappresentano uno dei punti di debolezza del sistema produttivo italiano e un forte problema per un’azienda energivora come la nostra: il costo dell’energia da noi pagato è infatti ancora il doppio rispetto a quello pagato dalle aziende tedesche. Difficile dunque essere competitivi. Per questo adottiamo una strategia che ci permette di offrire sia soluzioni asiatiche a basso costo sia prodotti di tecnologia europea per i clienti che, per alcune applicazioni critiche come in ambito energia e automotive, sono ancora disposti a pagare per la qualità.
Quali supporti e strumenti servirebbero alle imprese di Pcb italiane per essere più competitive?
Da anni porto avanti la mia battaglia legata ai dazi sulle materie prime. Come ho detto, siamo costretti all’importazioni di materie prime dall’Asia, perché non esistono capacità produttive in Europa. Ma, mentre il circuito stampato finito non è soggetto ad alcun dazio, sulla materia prima ci sono dazi in fase di importazione intorno al 5%. Si tratta ovviamente di un problema da risolvere a livello europeo e comunitario, ma di cui nessuno si occupa. Evidentemente interessa a pochi player e la filiera è troppo modesta per poter essere presa in considerazione. Credo comunque, come ho già accennato, che il problema maggiore sia legato all’impoverimento dell’intero settore, soprattutto in termini di know-how. Le competenze, sia lato ingegnerizzazione di prodotto sia lato processo, si perderanno sicuramente nel tempo se non verrà sostenuta l’intera filiera produttiva. In OMR investiamo molto nella formazione del personale, perché crediamo in quello che facciamo e pensiamo sia importante mantenere una quota di capacità produttiva anche in Europa. Ma non possiamo essere lasciati soli.
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