Asia: capire meglio i corridoi commerciali

I cambiamenti geopolitici stanno rivoluzionando il commercio globale e l’Asia ne sta trainando la riorganizzazione. Quanto questa trasformazione può influenzare l’industria europea e italiana? E, soprattutto, perché è interessante vedere il bicchiere mezzo pieno?

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Asia corridoi commerciali

di Maria Cecilia Chiappani | Tra 1989 e 2019 l’Asia è diventata la più grande regione economica del mondo. Dati 2021, rappresenta il 53% del commercio globale di beni e il 59% della crescita commerciale.

Oggi, 49 delle 80 maggiori rotte toccano quest’area e ulteriori 22 rotte la includono su entrambi i lati. In ogni caso, i modelli commerciali internazionali sono in costante evoluzione, sebbene ancora a favore del continente asiatico, anche in virtù delle crescenti contese tra grandi potenze. Abbiamo imparato a comprendere che la geopolitica e le posizioni dei Paesi influenti coinvolgono, e conseguentemente modificano, anche il commercio.

Nell’articolo “Asia’s emerging business corridors: new highways to growth”, gli esperti di McKinsey ci ricordano che circa un quinto dello scambio di beni nel mondo avviene tra partner geopoliticamente distanti. Quota che sale a quasi due quinti nel caso di prodotti concentrati a livello globale, dunque sviluppati e gestiti da poche economie esportatrici. Di cosa stiamo parlando? Si va per esempio dai computer portatili ai minerali, con la creazione di legami che spesso uniscono economie “in conflitto” e sono dunque più soggetti alla vulnerabilità.

Movimenti geopolitici come opportunità

Diversi Paesi, tra cui Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, dal 2017 in avanti hanno ridotto la distanza geopolitica media degli scambi commerciali in un intervallo che va dal 4% al 10%.

Ciò significa prediligere i rapporti con Paesi “ideologicamente” vicini. A questa tendenza si accompagna comunque un riallineamento geopolitico: qui stanno le nuove opportunità per le nazioni che non faticano a destreggiarsi nelle complesse dinamiche commerciali. Inoltre, resta costante la ricerca di catene di fornitura più resilienti. Come sappiamo, nel post pandemia e in relazione agli attacchi nel Mar Rosso, la gestione efficiente della supply chain è divenuta fondamentale per molte aziende, che hanno optato per consolidare la resilienza su due canali, diversificando le forniture e seguendo arterie commerciali meno vulnerabili tra Asia ed Europa. Certo, riplasmare il commercio di prodotti globali non è semplice. La scelta tra fornitori alternativi e geopoliticamente affini in determinati contesti produttivi è piuttosto limitata.

C’è però una transizione da tenere in considerazione. Oggi, più della metà degli asiatici è considerata “classe media” o “alta”: per la prima volta nella storia, la componente dei consumatori supera numericamente la popolazione vulnerabile o povera. Un altro fattore, trainato dall’India, sta influenzando i modelli commerciali. Ovvero le accresciute competenze della forza lavoro locale, con una presenza di talenti – molti laureati Stem – che comporta anche una maggiore capacità produttiva.

Da qui, l’ampliamento di corridoi commerciali regionali (ad esempio l’Asean, associazione delle nazioni del Sud-Est). Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), in India gli investimenti esteri sono aumentati del 127% tra il 2013 e il 2020, evidenziando come, a investimento diretto, conseguano capacità produttiva ed esportazioni aumentate. Fatte queste premesse, e preso atto di come l’Asia sia fondamentale in relazione alle modifiche dei corridoi commerciali globali, conoscere il punto di vista delle aziende di questa regione può essere utile per capire come le realtà europee vi si possano inserire cogliendo nuove opportunità.

Le cinque vie della crescita per le aziende in Asia

Secondo gli analisti, dunque, le aziende che operano in Asia, siano esse locali, regionali o multinazionali, possono trarre vantaggio dalla riconfigurazione dei modelli di commercio e investimento globali.

Ma anche dal perfezionamento delle competenze e delle attuali capacità produttive e gestionali. Le aziende che scelgono di reinventarsi, nonostante allo scenario di iper-connettività parallela si affianchi una crescente frammentazione geopolitica, che causa incertezza, possono rimodellare le catene del valore perché queste ultime contribuiscano sia alla crescita sia alla resilienza.

E l’Asia rimane l’epicentro di questa potenziale trasformazione, ospitando 18 dei 20 corridoi commerciali in più rapida crescita e 13 dei 20 di maggiori dimensioni. Le aziende asiatiche, in particolare, hanno l’opportunità di trasformarsi in leader, plasmando catene del valore asiatiche e globali. La crescita di nuovi corridoi nella tecnologia, nei servizi e nel business della sostenibilità sarà accompagnata dalla riorganizzazione di corridoi commerciali consolidati. In particolare, le direzioni di sviluppo identificate da McKinsey sono cinque. Le elenchiamo di seguito.

1 | Nuove e rinnovate partnership in Asia

Negli ultimi anni sono nati, e in alcuni casi rinati, alcuni corridoi commerciali tra Paesi che per tradizione non hanno mai avuto rapporti significativi. È il caso del Giappone e dell’India, o di quest’ultima e Singapore. Ci sono inoltre crescenti opportunità di rafforzare le partnership tra aziende indiane e britanniche, in quanto basate su economie complementari.

2 | Collegamenti tra la Cina e il mondo

I Paesi asiatici crescono a ritmi diversi. Per esempio, Indonesia e Vietnam hanno aumentato più rapidamente le esportazioni e, insieme all’impennata degli investimenti diretti esteri, hanno ottenuto più investimenti manifatturieri e delocalizzazioni della produzione rispetto ad altri. In Vietnam, il valore delle importazioni dalla Cina è raddoppiato tra il 2017 e il 2023. Le sue esportazioni verso gli Stati Uniti sono aumentate di 60 miliardi di dollari. Tendenza simile, anche se meno marcata, in Malesia, Filippine e Thailandia. Inoltre, i modelli di cambiamento variano a seconda del settore: per esempio in Vietnam si nota la crescita nell’elettronica, mentre in Indonesia quella dei metalli e dei prodotti chimici. Certo, l’approfondimento di McKinsey risale a prima dell’insediamento del presidente Donald Trump, le cui decisioni in tema di dazi e commercio globale andranno a ridisegnare ulteriormente gli equilibri tra Asia, Europa e Americhe.

3 | Corridoi tecnologici in Asia

La tecnologia è centrale, sia per i prodotti sia per i talenti. Se guardiamo agli ultimi 10 anni, l’Asia copre il 52% della crescita globale dei ricavi delle aziende tecnologiche, il 51% della spesa in R&S e l’87% dei brevetti depositati. Per quanto riguarda i chip, è il più grande commerciante e produttore di componenti per dispositivi elettronici. Inoltre, 33 dei 40 più grandi corridoi di chip coinvolgono l’Asia e la Corea del Sud fornisce il 40% delle memorie del mondo.

4 | Servizi a pagamento

Anche l’aumento del commercio dei servizi contribuisce alla crescita globale. I passaggi di servizi ad alta intensità di conoscenza, quali consulenze professionali, servizi governativi, IT e telecomunicazioni, stanno aumentando esponenzialmente. I flussi di dati crescono al ritmo del 50% all’anno e le esportazioni globali di servizi sono aumentate del 60% nell’ultimo decennio, raggiungendo 7,9 trilioni di dollari nel 2023. Ciò equivale al 7,5% del Pil mondiale. L’India basa praticamente il 5% del suo Pil sull’esportazione di servizi, ma si registrano elevate performance anche nelle Filippine e in Thailandia.

5 | Corridoi green in Asia

La decarbonizzazione, infine, sta creando notevoli opportunità per l’area asiatica. Considerando il peso dell’Asia nella domanda energetica globale, con una importante quota di investimenti diretti verso tecnologie green, crescono le opportunità per le aziende che si inseriscono in specifici corridoi green dell’energia rinnovabile e della sostenibilità. Ma stanno andando bene anche i settori legati all’intersezione tra mobilità elettrica e transizione energetica, nei quali vince il corridoio Cina-Asean.

In molti Paesi, grazie a incentivi governativi, progressi tecnologici delle batterie e varietà di modelli di veicoli, si prevede entro il 2025 il raggiungimento della parità di prezzo fra mezzi elettrici (due ruote, auto e commerciali leggeri) e a benzina. Spostando la lente sul Sud-Est asiatico, si rileva anche una incisiva spinta verso la sostenibilità ambientale. All’orizzonte, dunque, nuove e complete opportunità di investimento lungo i corridoi green, anche in virtù del fatto che più di 15 Paesi e 670 aziende nell’Asia-Pacifico si stanno impegnando a raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni.

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