di Fritz Walter | Se il presidente della nazione più potente decide di fare il bullo (o il dittatore) con tutto il resto del mondo, i risultati socioeconomici non possono che essere catastrofici.
È vero, spesso sono idee e pensieri personali, ma i primi tre mesi del secondo mandato presidenziale di “The Donald” passeranno alla storia più per gli atteggiamenti da bullo dodicenne che non per le tanto proclamate attività pro-pace che aveva promesso in campagna elettorale.
Per non parlare delle azioni economico commerciali legate al capitolo “Dazi”. Una serie di iniziative poco socio e poco economiche.
Partiamo dal conflitto in Ucraina. Resteranno impresse indelebilmente nella mente di tanti le parole e gli atteggiamenti del presidente americano nei confronti del suo “pari-grado” ucraino, trattato con sufficienza e arroganza sia da lui che dal suo vice JD Vance.
Partendo dal presupposto che Zelensky non mi è mai stato particolarmente simpatico, anche perché lo reputo co-responsabile di quanto successo in Ucraina, è parso fin da subito evidente che l’unico interesse reale del presidente Trump fosse portare a casa la firma dell’accordo per la spartizione delle terre rare e non solo.
Basti pensare alla richiesta americana sul controllo del gasdotto Gazprom diretto verso l’Unione Europea. In sintesi, le famose parole “con me alla presidenza la guerra in Ucraina finirebbe in un giorno” resteranno una boutade elettorale. La realtà è: o mi dai quello che voglio io, quando voglio io, oppure ti lascio solo! E ti spengo pure Internet!
Poca differenza trova l’atteggiamento che ha assunto Trump in relazione ai rapporti economico-commerciale tra gli Stati Uniti e il resto del mondo: i dazi! La prima settimana di aprile del 2025 sarà ricordata come la settimana dei “dazi si, dazi no, dazi forse”.
Ingiudicabile per stupidità la formula su cui sono state basate le percentuali per definire i rapporti commerciali tra gli Usa e tutte le altre realtà politiche o geografiche mondiali.
Secondo i più esperti, Trump ha deciso di calcolare i dazi dividendo il deficit commerciale degli Stati Uniti con un determinato Paese per il valore delle merci che quel Paese esporta negli Usa.
Dopo averne ottenuto il rapporto, “magnanimamente” lo ha dimezzato per determinare la tariffa da applicare. Ma che logica è? Mi ricorda, con applicazione inversa, il modello del professore di matematica Ravanelli.
Per non penalizzare le vacanze estive (degli studenti e sue), negli ultimi due compiti in classe il voto veniva così calcolato: voto reale diviso due più quattro! Che uomo il professor Ravanelli!
Scherzi a parte, il bello doveva ancora venire. Dopo aver proclamato in mondovisione dazi a pioggia, senza nessun preavviso, Trump ha deciso di sospenderli, sostituendoli con una tariffa al 10% per tutti.
Con tutta probabilità, dietro questa decisione c’è stata la paura dei mercati finanziari, crollati ai numeri dell’era Covid.
Era concreto il pericolo che gli Stati Uniti andassero incontro a conseguenze drammatiche, sia nell’immediato sia nel lungo periodo. Una settimana di montagne russe, che ha portato pochi amici a guadagnare cifre folli. I bulli girano sempre in gruppo.
Torniamo alla considerazione iniziale: se il presidente della nazione più potente decide di fare il bullo, le conseguenze saranno catastrofiche.
Ma siamo sicuri che gli Stati Uniti siano veramente il modello ideale di democrazia da esportare? Provate a cercare online: Il Dittatore – Clip in italiano “America come dittatura”.
Leggi l’editoriale del numero 31 di Elettronica AV