di Rossano Salini |
Nell’articolato e complesso rapporto tra lo Stato e il cittadino, uno degli elementi che solitamente, nell’opinione pubblica e nel dibattito che ne consegue, fa pendere la bilancia della “moralità” verso il primo a totale discapito del secondo è la vexata quaestio dell’evasione fiscale. Ridotto in termini molto semplici, il discorso che va per la maggiore è: “Se tutti pagassero le tasse, lo stato avrebbe i soldi che mancano per rendere i servizi veramente efficienti nel nostro Paese”. Chi cerca di controbattere a questa visione, invece, oppone il ragionamento, tanto plausibile quanto purtroppo difficile da dimostrare, che l’evasione potrebbe essere ridotta se le tasse venissero abbassate, riducendo cioè la causa scatenante del fenomeno incriminato.
Gli sprechi nella Pubblica Amministrazione
La questione andrebbe invece affrontata da un punto di vista diverso. Ci viene incontro in tal senso un importante documento pubblicato dalla sempre attiva e meritevole Cgia di Mestre. Il documento, dal significativo titolo “Gli sprechi nella PA valgono il doppio dell’evasione fiscale”, mette in luce il fatto che «contrariamente a quanto si pensa, nel rapporto “dare-avere” tra lo Stato e il contribuente italiano, a rimetterci, da un punto di vista strettamente economico, è sicuramente quest’ultimo». Come correttamente avvisano i redattori del documento, il calcolo degli sprechi della PA è difficilmente quantificabile in rigorosi termini statistici; ciò comunque non toglie che, raccogliendo i dati derivanti da autorevoli e verificabili fonti, il calcolo che emerge è quello di 110 miliardi annui di evasione fiscale (stima del Ministero dell’Economia e delle Finanze), contro uno spreco totale che ammonta a circa 200 miliardi.
La rivoluzione fiscale
Il nostro Paese necessita di una vera e radicale riforma fiscale. Talmente radicale che dovrebbe essere, in sostanza, una sorta di rivoluzione. Nessuno nega che i costi della politica debbano essere tenuti adeguatamente sotto controllo; tanto meno nessuno nega che la lotta all’evasione fiscale debba essere portata comunque avanti con rigore e senza sconti. Posta la necessità di ridurre al minimo possibile ciò che viene fatto in violazione della legge, il problema principale è fare in modo che nessuna violazione venga compiuta sotto l’egida della legge. Ed è ciò che invece regolarmente accade con lo spreco di soldi dei cittadini da parte dello Stato. Ecco allora che lavorare per un radicale cambiamento dell’assetto fiscale del nostro Paese, ad esempio legando effettivamente le tasse pagate alla fruizione di determinati servizi, dovrebbe diventare la vera priorità. Contro lo schema attuale, dove i soldi dei contribuenti vengono indistintamente buttati nel calderone dell’erario e da lì presi per essere utilizzati in modo totalmente svincolato da ogni controllo e rigore, sarebbe meglio creare un effettivo rapporto tassa-servizio: i soldi rimangono in tasca al cittadino, e vengono usati solo nel momento in cui il servizio viene richiesto e fruito. Il tutto fatta salva, naturalmente, una quota perequativa che permetta a tutti, anche a chi non ha coperture economiche, di usufruire dei servizi essenziali e indispensabili. Questa sì sarebbe una riforma in grado di cambiare radicalmente l’Italia, nonché di creare un riequilibrio in quella bilancia che vede oggi lo Stato comportarsi nei confronti dei contribuenti con un arbitrio che a volte, più che a un moderno stato democratico e liberale, rimanda ai tempi del potere assoluto dei monarchi.
L’articolo integrale è pubblicato sul Numero 4 di Elettronica AV