di Alan Friedman |
Nel secolo scorso, più di venticinque anni fa, quando era ancora la protégée di Helmut Kohl, il Cancelliere la chiamava “La Ragazza”. Oggi, molti tedeschi la chiamano ancora “Mutti”, sottolineando la potente aura materna e protettiva che emana in qualità di leader della più grande economia europea.
Angela Merkel scende dal palco dopo sedici anni al potere, e già gli scaffali delle librerie si riempiono di biografie e gli schermi televisivi di documentari sulla sua figura, mentre presentatori e opinionisti si grattano la testa perplessi, cercando di delineare una vera, accurata descrizione dell’eredità che si lascia alle spalle. Il problema della storia contemporanea è che spesso viene scritta quando l’inchiostro è ancora fresco sulla pagina e non si possono escludere nuovi colpi di scena e sviluppi imprevisti. Per dirne una, qualsiasi piano avesse ideato riguardo alla scelta del nuovo cancelliere e del nuovo leader della Cdu è andato incontro al fallimento più assoluto. Angela Merkel si è ritrovata costretta a fare i bagagli e lasciare il suo ufficio dopo il peggior crollo elettorale in un’intera generazione per il suo partito: il suo successore annaspa mentre socialdemocratici, liberali e verdi banchettano sulle sue macerie.
Sedici anni di governo
Ma per la Storia questi sono dettagli. Quello che conta davvero sono i risultati che ha raggiunto in sedici anni di governo, e il significato che essi rivestono per l’Europa e per il mondo in generale. Di recente molti diplomatici hanno guardato a lei come alla “leader del mondo libero” de facto, soprattutto negli anni di Donald Trump, quando il populismo autoritario avanzava a passo di marcia in Europa come negli Stati Uniti. Non c’è dubbio che nei momenti più bui delle relazioni transatlantiche, quando il tycoon alla Casa Bianca si prostrava al cospetto di Vladimir Putin e attaccava Nato e Unione Europea, Angela Merkel è stata un baluardo, un bastione. La voce dei valori europei, dei diritti umani e della democrazia liberale. E tutto questo sotto il fuoco incrociato dei populisti nazionalisti al gran completo: Orban, Trump, Salvini, Le Pen, Meloni, Wilders, Vox, i neonazisti di Alternative für Deutschland e via dicendo. Merkel ha tenuto alta la bandiera dell’Europa contro la mentalità da estremisti di destra in stile Casa Pound, che imperversava nel Vecchio Mondo.
Meriti e demeriti di Angela Merkel
Angela Merkel è considerata noiosa e priva di immaginazione dai suoi critici. La accusano di essere una manager dell’esistente, più che una pianificatrice dotata di una visione coraggiosa e complessiva. Il suo biografo dice che in diplomazia ama parlare e parlare e parlare, con Putin o con Trump o persino con Giuseppe Conte. La pazienza, la capacità di aspettare e di sconfiggere i suoi rivali sul lungo periodo sono uno dei suoi marchi di fabbrica. Dopo essersi formata come chimica quantistica dietro la Cortina di Ferro, la Merkel ha cambiato di tanto in tanto rotta politica, ma solitamente l’ha fatto per sintonizzarsi sul pensiero di una vasta maggioranza dei tedeschi: basti ricordare il graduale superamento del nucleare dopo il disastro di Fukushima del 2011.
Ha retto il timone nel corso delle tre più grandi crisi europee del secolo: quella finanziaria e dell’euro del 2008-2011, quella dei rifugiati siriani del 2015, e per finire la pandemia Covid del 2020.
Che pagella ha portato a casa? Insieme a Mario Draghi, all’epoca presidente della Banca centrale europea, ha salvato l’euro, ha salvato l’Europa, ha stretto i denti e ha tirato avanti anche nell’orribile autunno del 2011 che ha portato al G20 di Cannes di novembre. Ha fatto ciò che riteneva giusto per la Germania e per l’Europa, anche a costo di imporre anni di austerità al sud del continente, una decisione che con il senno di poi può essere considerata sbagliata e dannosa, in primo luogo per l’Italia.
Nel corso della crisi dei rifugiati del 2015 ha dimostrato lucidità e coraggio, aprendo il confine del suo Paese a più di un milione di rifugiati siriani. Un gesto nobile e generoso da parte di una leader benevola e illuminata. Ma allo stesso tempo era evidente che il prezzo da pagare sarebbe stato alto in termini di consenso, che la sua posizione politica ne sarebbe rimasta scossa, e che l’ondata del populismo avrebbe tratto nuova forza. Eppure, la Merkel ha dimostrato una stoica saldezza nella difesa dei valori europei e dei diritti umani. Delle vite umane.
Poi è arrivato il Covid. La mia opinione è che le si debbano riconoscere grandissimi meriti per aver aperto la porta a una storica approvazione della mutualizzazione del debito, a un Eurobond condiviso per finanziare i programmi NextGeneration EU. Sono decisioni che non hanno precedenti. Nel 2020 la Merkel aveva ormai imparato la lezione dell’austerità: era ora di sospendere il Fiscal compact e di mostrare solidarietà con i 750 miliardi di euro dei reco- very funds NextGeneration EU. Su questo punto, l’operato della Merkel ha avuto un’influenza positiva in un frangente di importanza storica per il progetto europeo.
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