Assistenzialismo? No, grazie

Dopo un periodo drammatico come quello della pandemia e del lockdown, l’unica strada percorribile per una vera ripartenza è quella della crescita e della libera iniziativa che lo Stato deve saper sostenere e non frenare.

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assistenzialismo Salini

di Rossano Salini |

Dopo la fase più acuta del contagio da Covid-19 stiamo lentamente ritornando alla normalità e riassaporando la bellezza della vita a cui eravamo abituati, senza che alcune limitazioni come il distanziamento e l’uso della mascherina incidano più di tanto sul nostro buon umore ritrovato.

I ricoverati calano sempre di più, i casi gravi stanno a poco a poco scomparendo, e possiamo dire di esserci lasciati per il momento alle spalle la parte peggiore e più drammatica di questa pandemia, con il suo strascico di lutti in particolare in alcune zone del Nord Italia.

Le conseguenze economiche e sociali

Sappiamo però bene che tutto questo riguarda solo l’aspetto medico e sanitario. Non possiamo invece fare lo stesso ragionamento per quanto riguarda le conseguenze economiche e sociali lasciate sul campo dal Coronavirus. Le attività economiche sono ripartite, ma le ferite lasciate sul corpo dell’economia del nostro Paese sono molto profonde, e non si sa quanto tempo ci vorrà per tornare a una situazione normale. Le previsioni sul calo del Pil sono disastrose e il timore di un’ondata pesante di licenziamenti a inizio autunno si fa sempre più concreto.

Ora è dunque il momento di prendere decisioni radicali e incisive per evitare il collasso economico di un Paese come l’Italia, che già senza il Coronavirus non godeva certo di buona salute. E bisogna prenderle dimostrando di saper imboccare la strada giusta, quella cioè che permetta all’Italia di scrollarsi di dosso quei difetti antichi e ormai quasi cristallizzati, che si presentano come i veri freni per una ripartenza economica. Difetti ben noti a tutti: eccesso di burocrazia, tassazione alle stelle, mancanza di investimenti strategici.

L’assistenzialismo come mentalità

A fronte di queste mancanze, il cui peso si aggrava in un periodo di profonda crisi come quello attuale, la strada percorsa al momento sembra andare nella direzione opposta rispetto a quella che sarebbe necessaria. Cos’è accaduto infatti nei mesi più duri dell’emergenza Coronavirus? Si è assistito al diffondersi di una mentalità in un certo senso fatalista nel nostro Paese, con una popolazione smarrita e del tutto dipendente dalle decisioni prese a livello centrale, quasi fossero elargizioni salvifiche calate dall’alto e in grado di dare l’unica speranza ai cittadini frastornati.

Ci si è purtroppo in un certo senso abituati e assuefatti a concepire l’assistenzialismo statale come l’unica possibilità di salvezza in un periodo così drammatico. E il governo non ha mancato di cavalcare quest’onda andando ad aggravare ancor di più questa situazione. Come molto bene ha notato il sociologo Luca Ricolfi in diversi suoi interventi, il rischio di fronte al quale ci troviamo in questo momento è quello di arrivare a una società “parassita di massa”, una società cioè priva di iniziativa, priva di capacità di costruire e intraprendere, costituita da soggetti totalmente dipendenti dall’intervento statale.

Come detto, il Governo italiano ha soffiato sul fuoco di una tale situazione, e gli interventi fino a questo momento programmati, a partire dal Decreto impropriamente chiamato “Rilancio” ma che di rilancio in realtà non contiene nulla, vanno proprio nella direzione del puro assistenzialismo senza alcuna intenzione di ridare vitalità al nostro Paese. Quando infatti si insiste ancora una volta nell’utilizzare il denaro pubblico per programmare finanziamenti e bonus a pioggia, l’esito è sempre quello di tamponare maldestramente il problema sul momento, senza avere però alcuna visione di sistema, strategica, capace cioè di creare conseguenza virtuose a medio e lungo termine.

Il ruolo del tessuto imprenditoriale

Ciò che serve al nostro Paese in questo momento è liberare le energie presenti nella società, dando fiato soprattutto al tessuto imprenditoriale. Sono proprio le imprese il primo e più evidente segnale della vitalità di una società, capace di generare non solo profitto ma anche e soprattutto lavoro e occupazione. Ma tale vitalità è soffocata sotto il peso di tasse e burocrazia. E, ora come non mai, più che di bonus e di singoli interventi di sostegno, ci sarebbe bisogno di interventi strutturali che, soprattutto nel caso della sburocratizzazione, sarebbero per di più a costo zero per le casse dello Stato già pesantemente compromesse da una situazione debitoria a dir poco devastante.

Assistiamo invece a interventi che per certi versi risultano pure paradossali, come il caso ben noto a molti in questi mesi degli aiuti statali che, soprattutto per le imprese, si sono trasformati semplicemente in liquidità necessaria a pagare le tasse. Un cortocircuito vizioso che ammazza le imprese e che condanna il nostro Paese alla più assoluta immobilità.

La strada della crescita non prevede l’assistenzialismo

L’unica strada per uscire dalla crisi è la crescita. E il ruolo dello Stato è sostenere tale crescita. Non di certo frenarla, ma nemmeno crearla, o costruirla dall’alto. Semplicemente sostenerla. Fare in modo che possa realizzarsi, che le imprese possano produrre, che gli individui possano mettersi in moto, possano intraprendere, possano fare quello che la loro creatività può generare. Finché lo Stato continua a bloccare tutto, con tasse da una parte e lacci e lacciuoli dall’altra, per assicurarsi la propria posizione dominante e poi all’uopo elargire danaro a pioggia, la situazione è destinata a peggiorare. E, come detto, quest’autunno, con la temuta ondata di licenziamenti, potremmo andare incontro a un disagio e a un malcontento generale, dalle potenzialità molto negative.

Ecco perché sono innanzitutto i cittadini che devono rendersi conto del cambiamento di mentalità che tale situazione innesca e richiede. Purtroppo la tentazione di affidarsi all’assistenzialismo, all’intervento salvifico dello Stato è una scorciatoia che ammalia e che attrae anche consensi a livello politico. Soprattutto in situazioni di emergenza economica. Bisogna per questo recuperare e rafforzare un percorso che è prima di tutto culturale, e solo in un secondo momento politico ed economico.

È la via della centralità della persona e della società rispetto allo Stato. Un principio fondamentale, che è peraltro alla base anche della nostra Costituzione (si pensi all’articolo 2), che genera poi vantaggi a catena anche dal punto di vista economico. La strada comoda dell’assistenzialismo accontenta, e poco, nel breve termine, ma lascia strascichi devastanti negli anni a venire; la via della crescita e della libera iniziativa genera un bene per tutti, e una vera occasione di ripartenza, soprattutto dopo un periodo drammatico come quello della pandemia e del lockdown.

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