In realtà anche Francesco Naso non nasconde che ci sono criticità da risolvere: “Il vero tema su cui dobbiamo concentrarci è la reattività del nostro sistema Paese di fronte a un megatrend inarrestabile, perché ogni giorno perso a litigare è un giorno di vantaggio che regaliamo ad altri Stati, per cogliere le opportunità industriali che stiamo già mappando con l’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive”. A fine 2022 Motus-E e l’Università Ca’ Foscari Venezia hanno infatti lanciato un Osservatorio che si propone di aiutare gli stakeholder del settore a cogliere le opportunità offerte dall’elettrificazione e presentato uno studio che può fugare i dubbi di chi teme la tenuta occupazionale della filiera dell’automotive con il passaggio all’elettrico. Il report mappa oltre 2.400 aziende italiane fornitrici di componenti a livello nazionale e internazionale, con 280.000 addetti, e rivela che, considerando le nuove sotto-filiere della mobilità elettrica, i posti di lavoro del settore auto possono aumentare del 6% entro il 2030.
Numeri così rassicuranti arrivano da un’analisi dettagliata del portafoglio prodotti delle singole aziende dell’ecosistema automotive italiano, per ciascuna delle quali è stato definito un indicatore che ne ha misurato le correlazioni tecniche con i mezzi a batteria. Lo studio ha messo sotto la lente i 19 macro-moduli caratteristici della produzione auto italiana, a cui fanno riferimento 127 componenti elementari: dalle valvole al tessuto dei sedili. Tutto molto positivo, quindi, ma attenzione, tanto per cambiare, alle competenze necessarie: dallo studio è emersa anche l’urgenza di politiche attive per la formazione e la riconversione del comparto, in assenza delle quali, alla luce dei megatrend globali, la filiera italiana finirebbe inevitabilmente per continuare a comprimersi. Come ha detto Massimo Nordio, presidente di Motus-E: “Questa filiera è strategica e fondamentale per l’Italia, non possiamo più permetterci di trascurarla mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, dopo quelli che abbiamo già perso tra il 1998 e il 2018. I componenti italiani vengono apprezzati e montati sulle auto prodotte in tutto il mondo, è chiaro che il futuro è l’auto elettrica e bisogna essere veloci a riposizionarsi. Talento ed esperienza non mancano alle aziende italiane, ma per rilanciare il settore e renderlo a prova di futuro adesso servono indirizzi di politica industriale pragmatici”.
L’infrastruttura fa progressi
Anche sul fronte delle colonnine di ricarica Motus-E ha rilasciato dati incoraggianti con un rapporto pubblicato a inizio febbraio, dal titolo “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia”. Nel 2022 sono stati installati 10.748 nuovi punti di ricarica, il miglior risultato mai registrato nella Penisola, che può contare così al 31 dicembre 2022 su una rete di 36.772 punti, più densa in rapporto al parco elettrico circolante rispetto a molti Paesi considerati tra i più avanzati sulla e-mobility. Lo scorso anno i punti di ricarica sono aumentati del 41% e rispetto alla prima rilevazione del settembre 2019, l’incremento è stato del 245%. Nel dettaglio, oltre a essere raddoppiata la quota dei punti in corrente continua DC (nel 2021 erano circa il 6% a fronte del 12% del 2022), è triplicata quella dei punti ultraveloci con potenza oltre i 150 kW, passata dall’1% del 2021 al 3,1% del 2022. Segno positivo anche per i punti di ricarica in autostrada, che al 31 dicembre 2022 raggiungono quota 496 (di cui l’85% in DC con potenza oltre i 43 kW), mentre a fine 2021 erano 118.
Guardando alla distribuzione per macroaree, con 5.971 punti di ricarica, la Lombardia si conferma la Regione più virtuosa, replicando i primati del 2020 e del 2021: da sola concentra il 16% dei punti di ricarica italiani. Il rapporto Motus-E si sofferma anche sul confronto tra l’Italia e gli altri grandi Paesi europei e rileva che l’infrastrutturazione della Penisola è più avanzata di quanto credano in molti: ogni 100 veicoli elettrici circolanti, infatti, in Italia si contano 21,5 punti di ricarica a uso pubblico, a fronte degli 11,5 della Francia, degli 8,2 della Germania e degli 8,9 del Regno Unito. Paesi, questi, in cui nell’ultimo anno le immatricolazioni di auto elettriche sono cresciute, a fronte del passo indietro registrato invece in Italia. Qualche progresso, quindi, è stato fatto, ma va ricordato che il 19% delle infrastrutture installate risulta inutilizzabile dagli utenti finali, o perché non è stato finora possibile realizzare il collegamento alla rete da parte dei distributori di energia, o per altre ragioni di natura autorizzativa, come la mancata pubblicazione dei bandi previsti per legge per consentire agli operatori l’installazione massiva delle colonnine sulla grande viabilità. Del resto, è noto che l’innovazione tecnologica viaggi sempre a velocità più elevate rispetto a quelle della legislazione (e della politica).
Elettronica per i veicoli elettrici:
che cosa c’è di nuovo?
A proposito di tecnologia, nella progettazione dei veicoli le case automobilistiche hanno sempre dovuto considerare la complessità dell’architettura, i consumi energetici e il peso. Questi aspetti, tuttavia, sono diventati cruciali nel caso delle auto elettriche: un numero inferiore di unità di controllo elettronico, una riduzione del peso e un design il più possibile semplice contribuiscono infatti a migliorare l’autonomia della batteria e a diminuire la distinta base. Per i veicoli elettrici l’elettronica è quindi un fattore determinante, ancora più di quanto non lo sia già per i mezzi con motore a combustione interna, e i grandi nomi del settore continuano a investire in questo mercato, progettando componenti specifici e promuovendo innovazioni tecnologiche anche in partnership con altri attori della filiera. È il caso, ad esempio, di Infineon, che lo scorso marzo ha rafforzato il proprio accordo di cooperazione con Delta Electronics, società taiwanese di sistemi e soluzioni intelligenti per il risparmio energetico. “Infineon e Delta condividono l’obiettivo comune di sviluppare soluzioni sempre più efficienti dal punto di vista energetico e di risparmio di CO² che supportino gli sforzi globali di decarbonizzazione”, ha detto Peter Schiefer, presidente della divisione Automotive di Infineon. L’accordo interessa componenti, moduli ad alta e bassa tensione e microcontrollori da utilizzare nelle applicazioni di trasmissione dei veicoli elettrici, come inverter di trazione, convertitori CC-CC e caricatori di bordo, e prevede l’istituzione, nella seconda metà del 2023, di un laboratorio di innovazione congiunto per le applicazioni automobilistiche a Pingzhen, Taiwan.
Un altro nome in prima linea nella “rivoluzione dell’elettrico” è quello di STMicroelectronics, che a fine 2022 ha rilasciato cinque nuovi moduli di alimentazione per veicoli elettrici in carburo di silicio, già selezionati da Hyundai per la sua piattaforma di veicoli elettrici E-GMP. I dispositivi SiC sono la nuova frontiera dei semiconduttori per i veicoli elettrici, perché rispetto ai dispositivi in silicio tradizionale sono più piccoli e possono gestire tensioni operative più elevate, consentendo così ricariche più rapide, una dinamica del veicolo superiore e una maggiore efficienza energetica, fondamentale per l’autonomia di guida e l’affidabilità. Il carburo di silicio è quindi sempre più utilizzato nei convertitori CC-CC, negli inverter di trazione e nei caricatori di bordo con funzionamento bidirezionale, per il trasferimento di potenza dal veicolo alla rete. I moduli ST si basano sui semiconduttori di potenza Mosfet SiC STPOWER di terza generazione. Come spiega Marco Monti, presidente del Gruppo Automotive and Discrete di ST: “La nostra tecnologia SiC di terza generazione garantisce la massima densità di potenza ed efficienza energetica, con conseguenti prestazioni del veicolo, autonomia e tempo di ricarica superiori”. L’azienda italo-francese ha già fornito dispositivi STPOWER SiC per oltre tre milioni di autovetture prodotte in serie in tutto il mondo e ha recentemente iniziato la produzione di substrati SiC nel nuovo impianto integrato di Catania.
Recente è anche la notizia di un accordo di fornitura che ha invece per protagonisti onsemi e il Gruppo BMW. Quest’ultimo utilizzerà la tecnologia EliteSiC del produttore americano nei sistemi di trazione elettrici dei suoi veicoli di fascia alta per il bus in continua a 400 VDC. “Poichè la massima autonomia è uno dei fattori che più incide sull’acquisto di una vettura elettrica”, ha commentato Asif Jakwani, SVP e GM della Advanced Power Division del Power Solutions Group di onsemi, “l’approccio a livello di sistema che abbiamo adottato per ottimizzare le prestazioni di tutti i veicoli elettrici di BMW si traduce in un vantaggio competitivo chiave”.
Sul SiC continua a investire anche Rohm. La società nipponica a inizio anno ha annunciato l’adozione dei suoi nuovi Mosfet SiC di quarta generazione e dei circuiti integrati per gate driver negli inverter per veicoli elettrici da parte di Hitachi Astemo, uno dei principali fornitori del settore automotive in Giappone. Nei veicoli elettrici l’inverter ricopre un ruolo centrale nel sistema di azionamento, per cui necessita di un’efficienza ancora superiore per estendere l’autonomia di crociera e per poter ridurre le dimensioni della batteria di bordo. Hitachi Astemo adotterà così per la prima volta dispositivi SiC per il circuito inverter principale e fornirà tali inverter alle case automobilistiche a partire dal 2025. Così come l’inverter è cruciale per il sistema di azionamento, i circuiti integrati sono cruciali per gli inverter: essi ricevono i segnali di controllo che provengono dal microcontrollore che lavora nel dominio della bassa tensione e convertono questi segnali in comandi di pilotaggio compatibili con quelli richiesti dai dispositivi di potenza, che invece lavorano nel dominio delle alte tensioni. È in questo ambito che Renesas ha messo a punto nei mesi scorsi un nuovo prodotto: RAJ2930004AGM. Si tratta di un circuito integrato gate driver progettato per pilotare gli Igbt e i Mosfet SiC per gli inverter dei veicoli elettrici. “Con questo gate driver di seconda generazione continuiamo a guidare lo sviluppo delle applicazioni per i veicoli elettrici offrendo soluzioni che riducono al minimo la perdita di potenza e soddisfano elevati livelli di sicurezza funzionale”, ha commentato Akira Omichi, vicepresidente della divisione aziendale Automotive Analog Application Specific di Renesas. La produzione in volumi della nuova soluzione è prevista per il primo trimestre del 2024.
C’è poi chi punta sul nitruro di gallio, come Power Integrations, proprietaria della tecnologia PowiGaN. È questa il cuore dei circuiti integrati InnoSwitch, che sono ideali per generare potenza ausiliaria nei veicoli elettrici durante le modalità di sospensione, quando il consumo di potenza è basso e, con la famiglia InnoSwitch3-AQ a norma AEC-Q100, sono indicati in particolare per veicoli elettrici basati su impianti con bus a 400 V. Come spiega Peter Vaughan, direttore sviluppo del business automotive presso Power Integrations: “I produttori di veicoli elettrici stanno ottimizzando la nuova generazione di impianti a 400 volt e riprogettando vari stadi di potenza dei veicoli, come i caricabatteria incorporati. La potenza aggiuntiva erogata grazie alla nostra tecnologia GaN risponde alle richieste di potenza sempre maggiore dei produttori di veicoli elettrici. Non solo: l’efficienza nella conversione di potenza, anche in impianti ausiliari, è importante ai fini della gestione termica e di una maggiore portata”. Gli InnoSwitch3-AQ per il settore automotive offrono prestazioni e funzioni di protezione simili a quelle dei diffusissimi circuiti integrati al carburo di silicio, impiegati in impianti di veicoli elettrici da 800 V. Infine, una dimostrazione di ciò che l’elettronica può fare in un veicolo elettrico l’ha data anche NXP all’ultima edizione di Embedded World, a Norimberga. Con il suo e-scooter, il produttore di semiconduttori olandese ha mostrato come un veicolo elettrico rappresenti un ecosistema di soluzioni elettrificate nel quale i dati sono costantemente analizzati per migliorare l’efficienza del veicolo stesso, estenderne l’autonomia e aumentare la durata della batteria. “L’e-scooter è connesso al cloud e al conducente, che può così disporre di informazioni aggiornate sullo stato del motoveicolo, grazie alla misurazione dei parametri dai diversi componenti analogici presenti”, spiega Clara Otero Pérez, Senior Director of Systems Innovations di NXP. I componenti di NXP, principalmente i microcontrollori S32K1 e S32K3, sono utilizzati nel DCC (display e controller di connettività), nel sistema di gestione della batteria, nel caricabatterie di bordo e nell’inverter di trazione a bassa tensione. Dei sensori sono invece utilizzati per il sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici.
Elettrificazione: il capitolo batterie
Veniamo al cuore dei veicoli elettrici: le batterie. Che cosa c’è di nuovo su questo fronte? Parliamo di un mercato che ha risentito parecchio dell’impennata dei prezzi delle materie prime e che è trainato dalla necessità di veicoli a maggiore autonomia e ridotti tempi di ricarica. L’elettronica qui gioca le sue carte nei sistemi di gestione della batteria: il monitoraggio accurato dei profili di corrente e tensione è infatti fondamentale, poiché il sovraccarico di una batteria può causare un incendio o un’esplosione e una carica insufficiente (o una scarica completa) rende una batteria inutilizzabile. In sostanza, una batteria “ben gestita” ha un impatto diretto sull’autonomia del veicolo e riduce i costi. A dirci di più sul tema sono gli esperti di Analog Devices: dopo avere acquisito Linear Technology, l’azienda americana ha incluso nel proprio portafoglio il primo monitor integrato per stack di batterie ad alta tensione. Era il 2008 e l’auto elettrica non era ancora molto diffusa. Oggi l’azienda sta lavorando alla sua quinta generazione di BMS. Come afferma Mike Kultgen, General Manager BMS di Analog Devices: “Migliore è la precisione, migliore è la comprensione dello stato della cella della batteria, maggiore è la capacità che è possibile estrarne e più affidabile sarà il funzionamento della batteria”. Per essere efficiente, un sistema di batterie che dovrebbe fornire più di cento kilowatt di energia con la semplice pressione di un pedale deve funzionare a centinaia di volt. Un tipico veicolo elettrico può impiegare un sistema con 100 celle e ciascuna di esse va monitorata, caricata e scaricata: le celle delle batterie al litio non possono infatti essere utilizzate al massimo del loro intervallo di carica e scarica, ma devono essere mantenute in un intervallo specifico, ad esempio dal 15% all’85%. Spiega ancora Kultgen: “Il nostro BMS fornisce misurazioni accurate delle celle per tutta la vita della batteria. L’elettronica è collegata direttamente a ciascuna cella dello stack, riportando tensione e temperatura, coordinate con la corrente della cella. Quest’ultima e la temperatura di ogni cella devono essere monitorate attraverso un complesso algoritmo da un processore centrale. Insomma, quando si gestiscono veicoli elettrici che erogano tra 48 e 800 V, non si può rischiare nulla”.
Anche Luca Negri, Country Manager di GPBM Italy, è un esperto del settore e conferma: “I Bms sono oramai indispensabili per gestire le batterie ricaricabili e proteggere le celle da qualsiasi anomalia e funzionamento fuori dai parametri. I valori che il BMS deve monitorare e tenere sotto controllo sono riferiti ad ogni singola cella: tensione/corrente minima e massima, stato di carica e profondità di scarica, temperatura e stato delle singole celle (rapporto fra carica effettiva e carica iniziale) e, nel caso del NiMH (nichel-metallo idruro), il controllo della sovrapressione interna. In relazione alla chimica delle celle, ad esempio LiION o LIFePO4, la tipologia di BMS può essere poi molto differente, proprio perché tiene conto di vari parametri”. GPBM è parte del Gruppo Cebon, che ha da poco al suo interno anche Sparq, azienda specializzata nella realizzazione di celle e BMS per vari impieghi.
Stazioni di ricarica, interoperabilità
e gestione dell’energia
Come spiegano gli esperti di Arrow in un approfondimento dal titolo “Tendenze e tecnologie chiave per l’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici”, dello scorso dicembre, con l’aumento della domanda di stazioni di ricarica pubbliche per veicoli elettrici, per rendere l’infrastruttura onnipresente e di facile utilizzo e consentire ai conducenti di utilizzare il caricabatterie più comodo, indipendentemente dal fornitore, è necessario che le stazioni siano tra loro interoperabili. L’interoperabilità della ricarica dei veicoli elettrici non si limita a garantire che qualsiasi veicolo possa utilizzare qualsiasi stazione di ricarica indipendentemente dal fornitore, ma anche a semplificare il pagamento sicuro, che oggi può già avvenire in diverse modalità: tramite App mobile, schede Rfid e pagamenti contactless. Strumento essenziale per l’interoperabilità è il protocollo Open Charge Point (OCPP), uno standard sviluppato nel 2009, utilizzato a livello internazionale senza costi né requisiti di licenza, che consente la comunicazione tra una stazione di ricarica e un sistema di back-office centrale. In generale, le stazioni di ricarica stanno diventando più intelligenti, possono essere gestite meglio attraverso configurazioni predefinite e monitorate, in parte proprio grazie all’OCPP, attraverso aggiornamenti del firmware, registrazione, notifiche di eventi, profili per autenticazione e comunicazioni sicure. Alcune stazioni dispongono anche di sensori per rilevare se un veicolo sta bloccando una stazione o rimane oltre il tempo di ricarica, in modo che altri conducenti vengano avvisati da una App sulla non disponibilità della stazione. Un altro aspetto da tenere presente quando si parla di stazioni di ricarica è quello del flusso di energia: in una visione a lungo termine, i veicoli elettrici carichi potrebbero essere utilizzati anche per alimentare gli edifici in caso di interruzione di corrente.
Come spiegano sempre gli esperti Arrow: “Con oltre 300 milioni di veicoli elettrici (inclusi gli ibridi plug-in) e più di 2 milioni di autobus elettrici che circoleranno sulle strade di tutto il mondo entro il 2030 (ndr: dati Global EV Outlook), esiste una grande quantità di capacità disponibile su ruote che potrebbe fornire uno stoccaggio di energia a basso costo e mantenere parte dei sistemi critici degli edifici funzionanti in caso di interruzione di corrente. Molte città in tutto il mondo già richiedono che nei garage siano installate stazioni di ricarica bidirezionali per veicoli elettrici in modo che l’elettricità immagazzinata nelle batterie possa essere trasferita all’infrastruttura degli edifici intelligenti in tempo reale quando si verifica un’interruzione di corrente, eliminando la necessità di generatori diesel inquinanti”. Per trasformare i veicoli elettrici in risorse di stoccaggio si stanno sviluppando dispositivi e software IoT che raccolgono i dati necessari e rendono fluido il processo di trasferimento dell’energia. Siamo nell’ambito delle applicazioni Vehicle to Grid, nelle quali entrano in gioco anche tecnologia blockchain e Intelligenza Artificiale: per condividere la carica della loro batteria con la rete i conducenti devono sentirsi sicuri e la tecnologia blockchain in questo senso aiuta, perché offre una sorta di libro mastro digitale che rende la fatturazione e le transazioni di ricompensa V2G più trasparenti. Gli algoritmi dell’IA, dal canto loro, consentono ai sistemi di gestione V2G di ottimizzare il consumo energetico generando tendenze e previsioni in modo accurato e rapido, ad esempio eseguendo il monitoraggio dello stato della rete e della produzione di elettricità, per consigliare modelli di caricamento e scaricamento. Con la crescente adozione di veicoli elettrici, sta diventando sempre più importante mantenere l’equilibrio della rete e garantire la comodità per i conducenti: l’ansia da autonomia inizia a svanire e crescono le aspettative. Ecco perché, come concludono in Arrow, “sono necessarie infrastrutture di ricarica più intelligenti e reti elettriche più resilienti”.
Dati e servizi, la nuova frontiera
“Sebbene i veicoli elettrici costituiscano una piccola quota dell’odierna flotta automobilistica globale, il ritmo e il potenziale dell’elettrificazione ne fanno una delle aree più interessanti dell’intera industria automobilistica”. È quanto sostiene Collins Senyemi, ricercatore dell’Università di Halmstad, in Svezia. L’ateneo, in collaborazione con WirelessCar, società del Gruppo Volkswagen, lavora dal 2022 al progetto di ricerca
Freedom, focalizzato sull’Intelligenza Artificiale applicata ai veicoli connessi in un’ottica di mobilità sostenibile. Nell’ambito del progetto, in particolare in uno studio che ha coinvolto i conducenti di veicoli elettrici e quelli interessati a passare a un veicolo elettrico, gli operatori di flotte, i fornitori di stazioni di ricarica, i comuni e diverse case automobilistiche, i ricercatori svedesi hanno identificato quattro categorie principali di utenti di EV, fotografando la situazione del mercato dal punto di vista dei consumatori, in un panel di cittadini, per lo più maschi, tra i 46 e i 55 anni, con un reddito medio. A un primo gruppo appartengono i cosiddetti pionieri, perché possiedono il loro veicolo da più di cinque anni, usano regolarmente le loro auto anche per viaggi lunghi e hanno meno ansia da autonomia. Non hanno bisogno di ulteriori convincimenti in termini di vantaggi dell’utilizzo di veicoli elettrici, ma vogliono comunque servizi di auto connesse ancora migliori. Un secondo gruppo di conducenti possiede i propri veicoli elettrici da 3-4 anni. Sono simili ai pionieri, ma spesso hanno anche un veicolo ibrido o con motore a combustione interna e nella maggior parte dei casi probabilmente sceglierebbero il secondo veicolo per i viaggi più lunghi e le emergenze. Hanno una certa ansia di non poter utilizzare veicoli elettrici per viaggi più lunghi, a causa della mancanza (o della mancanza percepita) di infrastrutture di ricarica. Ci sono poi conducenti che hanno i loro veicoli da 2-3 anni e sono ancora cauti nell’uso di questi mezzi, e, gruppo più numeroso, conducenti che possiedono un EV da meno di due anni.
Anche se circoscritti al mercato svedese, alcuni dati emersi sono interessanti. Per cominciare, in generale, c’è una certa fiducia nella scelta di un veicolo elettrico, ma in termini di utilizzo c’è ancora molta cautela, tanto che in molti casi all’auto elettrica si affianca, in famiglia, un veicolo ICE. Un altro aspetto riguarda le modalità di ricarica: la maggior parte dei conducenti di veicoli elettrici ricarica i propri veicoli a casa e permane una certa ansia da autonomia, difficile da superare se l’esperienza presso la stazione di ricarica è spesso costosa e/o scomoda. Per la maggior parte degli autisti intervistati la possibilità di noleggiare un veicolo elettrico tramite un’azienda o il proprio datore di lavoro è stato un fattore decisivo nella scelta di utilizzare un veicolo elettrico nella vita di tutti i giorni. In sostanza, nessun intervistato si è pentito della decisione di acquistare un veicolo elettrico, ma sperava in un numero maggiore di servizi connessi all’auto, per avere un’esperienza d’uso migliore. Il punto è proprio qui e ci riconduce al core business delle società come WirelessCar: sviluppare servizi digitali che migliorino l’esperienza degli utenti di veicoli elettrici e siano il più possibile personalizzati in base alle esigenze dei diversi gruppi di conducenti. Le case automobilistiche, quindi, hanno davanti un sentiero preciso da percorrere: realizzare auto meno inquinanti con abbinati servizi digitali sempre più efficienti.