La pandemia da Covid-19 ha messo in profonda crisi la produzione industriale dei chip su scala globale. Fin dal primo lockdown ha provocato un ridimensionamento della loro offerta e di quella dei semiconduttori, mentre, di contro, si impennava la domanda di dispositivi elettronici (telefonia, computer, elettronica di consumo) per lavorare o studiare da casa.
I chip sono componenti attivi da montare sulle schede elettroniche e consentono il funzionamento di macchine e apparecchiature: dall’automotive al settore elettromedicale, passando per le telecomunicazioni, gli smartphone, i decoder fino a strumenti di misura e controllo, ai condizionatori e molto altro.
L’8 febbraio la Commissione europea ha presentato il ‘Chips act’, una serie di misure legislative, regolamentari e finanziarie per favorire la produzione di semiconduttori e processori dell’unione, con l’obiettivo di far salire la quota europea della produzione globale di microprocessori dal 9 al 20 per cento. L’Europa, grazie a un’ingente mobilitazione di fondi – 43 miliardi di euro – cerca di rispondere a una carenza globale che sta penalizzando molti settori produttivi, in particolare quello automobilistico.
Che cosa sta accadendo nel settore auto?
Il settore automotive è quello che ha risentito maggiormente della carenza di chip e semiconduttori, dovendo far fronte non solo a un calo della fornitura ma anche a una contrazione delle vendite, per cui i produttori di chip hanno preferito privilegiare le imprese più in crescita.
Complessivamente nel 2021, secondo gli ultimi dati dell’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea), le vendite di auto nuove nell’UE sono diminuite del 2,4% a 9,7 milioni di unità. Questo calo è il risultato anche della carenza di semiconduttori che ha influenzato negativamente la produzione di auto per tutto l’anno, ma soprattutto nella seconda metà del 2021. Infatti, l’anno scorso le immatricolazioni totali di auto nell’UE si sono attestate a 3,3 milioni di unità al di sotto delle vendite pre-crisi nel 2019. A questo quadro va ad aggiungersi una necessità fondamentale, da garantire sempre anche in un periodo di crisi e di contrazione: la sicurezza dei dispositivi elettronici.
“La carenza dei componenti chiave delle unità elettroniche ha rallentato anche i progetti di validazione: in alcuni casi abbiamo assistito a situazioni dove i costruttori non avevano materiale a disposizione per creare le unità prototipali, comportando quindi un significativo ritardo nella chiusura dei progetti e l’avvio della produzione”, dichiara Pietro Vergani, Business Unit Manager COM per la Divisione Product Service di TÜV Italia. “La situazione attuale sta impattando significativamente anche la fase di validazione e testing dei dispositivi all’interno dei nostri laboratori. In una situazione dove non è in ogni caso derogabile l’ottemperanza ai requisiti di sicurezza e qualitativi diventa chiave poter adattare le pianificazioni a fronte dell’ottenimento delle unità di prova: la capacità di sostenere i nostri clienti con pianificazioni flessibili, posticipando le prove o adeguando i test plan alle disponibilità delle unità diventano aspetti peculiari dei nostri servizi”.
Potrebbe interessarti anche:
Veicoli ibridi ed elettrici: TÜV certifica le competenze del personale tecnico specializzato