Esportazioni: il Made in Italy continua a piacere

Dal Rapporto ICE 2023-2024, presentato a Roma lo scorso luglio, emerge come il nostro sia sempre più un “Paese di esportatori”: nonostante le complicazioni che affliggono la scena commerciale mondiale, infatti, le nostre imprese si confermano capaci di cogliere le opportunità offerte dai mercati esteri e collocano l’Italia al sesto posto nella classifica mondiale dell’export.

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esportazioni made in Italy ICE

La bilancia commerciale italiana nei primi quattro mesi del 2024 ha registrato un attivo dieci volte superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente.

Un dato molto positivo, che però va letto alla luce del crollo dell’importazione dei beni energetici. È questo il primo dato messo in evidenza alla presentazione del Rapporto Ice 2023/24 e dell’Annuario Istat-Ice 2024, tenutasi a Roma lo scorso 15 luglio. Il merito del buon andamento dell’export italiano, anche se al netto del calo delle importazioni di energia, va comunque imputato alla capacità delle nostre imprese di andare sui mercati extraeuropei: il contesto europeo, con le economie di Germania e Francia in difficoltà, infatti, rende tutto più difficile.

Dalla globalizzazione alla regionalizzazione continentale

A rendere lo scenario più complicato sono anche le nuove logiche che guidano l’economia mondiale. Come ha spiegato Adolfo Urso, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervenuto in occasione della presentazione del Rapporto, l’era della globalizzazione con cui si era aperto il terzo millennio sembra finita: “Nel 2001, con l’adesione al Wto la Cina entrava nella governance dell’economia globale: era l’inizio della globalizzazione, un’ottica secondo la quale ognuno poteva produrre ovunque, magari dove i costi del lavoro erano più bassi e le condizioni produttive migliori, e poi esportare in ogni parte del mondo. Si pensava che la logica del mercato, ma anche quella dei diritti delle persone, avrebbe prevalso ovunque. Oggi siamo in un’altra epoca: si parla di deglobalizzazione o, più appropriatamente, di riarticolazione della globalizzazione all’interno dei singoli continenti”.

Fattori geopolitici e geoeconomici condizionano lo scenario nel quale si muovono le imprese, che devono necessariamente tenere conto dei nuovi assetti. “Il conflitto in Ucraina e le tante guerre che circondano l’Europa ci fanno capire come sia necessario l’accorciamento della filiera produttiva per garantire un’economia di scala all’interno dei singoli continenti e come sia fondamentale garantire l’approvvigionamento delle materie prime, soprattutto quelle critiche, necessarie per la transizione digitale e green”, ha aggiunto Urso, ricordando il Decreto Legge sulle materie prime critiche, con il quale il Governo ha determinato un processo normativo che consente l’effettivo raggiungimento degli obiettivi contenuti nel regolamento europeo sul tema.

Bene le esportazioni, nonostante le difficoltà

L’export italiano è cresciuto negli ultimi dieci anni di circa 26 punti percentuali, in linea con quello mondiale, che ha registrato la stessa crescita, e al di sotto di quello dell’area euro, che ha segnato un +32%.

Dal 2020 c’è, ovviamente, da registrare il calo di 13 punti dovuto alla pandemia, ma va sottolineata anche una ripresa piuttosto rapida: “L’Italia è stata la prima a recuperare la situazione pre-pandemia e pre-crisi belliche”, ha evidenziato Matteo Zoppas, presidente dell’Agenzia Ice. Un buon risultato quello ottenuto dal nostro Paese, soprattutto in considerazione del complicarsi della scena commerciale mondiale: dal 2011 al 2023 le misure adottate per la difesa commerciale dei prodotti nel mondo sono passate da 373 a 2.605. Come ha detto ancora Zoppas: “C’è stata una crescita enorme di misure antidumping e misure di compensazione, tariffarie, burocratiche e di vario tipo, che rischiano di limitare la crescita del nostro export. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha stimato che queste misure possono incidere sul Pil nella misura, nella peggiore delle ipotesi, del 7%”.

Tra le difficoltà insorte negli ultimi anni, impossibile non citare l’innalzamento dei prezzi del trasporto marittimo, quasi decuplicati tra il 2021 e il 2023, e delle materie prime. Eppure, nonostante l’aumento dei costi logistici ed energetici, l’export italiano è cresciuto dal 2013 al 2023 del 60% e, considerato solo il periodo dal 2019 a oggi, del 30%. Nella classifica dei Paesi esportatori l’Italia è sesta, guadagnando proprio nell’ultimo anno una postazione a scapito della Corea del Sud. Risalendo, la classifica vede Giappone, Paesi Bassi e, sul podio, Germania, Stati Uniti e Cina. Ma dove esportiamo? Germania, Stati Uniti e Francia sono i primi tre Paesi di destinazione dei nostri prodotti. “È da segnalare la forte crescita della quota destinata agli Stati Uniti, che rappresentano una vetrina utile alle nostre aziende per poi esportare nel resto del mondo. Il valore delle esportazioni italiane negli Usa è oggi di 67 miliardi di euro, quello dei prodotti esportati in Germania di quasi 75 miliardi di euro”, ha evidenziato Zoppas.

Il settore che più esporta è quello della meccanica, seguito da chimica, farmaceutica, mezzi di trasporto. Le Tre F (Food, Furniture, Fashion) coprono le posizioni dalla quinta alla settima. Anche la percentuale di penetrazione dei mercati esteri è degna di nota: 2,85%, in crescita rispetto a quella dell’anno precedente (2,64%). Ma per alcune, eccellenti, categorie di prodotti, la percentuale di penetrazione è ancora più alta: per il vino, ad esempio, si raggiunge quasi il 10%.

L’orientamento del Governo

“Il sistema delle esportazioni rappresenta quasi il 40% del Pil italiano: questo significa che quasi la metà della ricchezza di ogni cittadino italiano è dovuta all’export, a quel Made in Italy che piace ovunque nel mondo”. Lo ha detto il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani sempre in occasione della conferenza Ice. “Possiamo contare su una capacità di esportazione, a livello di varietà merceologica, che soltanto la Cina supera”, ha aggiunto, confermando l’impegno del Governo ad accompagnare e agevolare il lavoro delle imprese che vogliono operare al di là dei confini nazionali. “Stiamo puntando sull’internazionalizzazione e sull’incremento dell’esportazione con una visione globale; abbiamo deciso di lavorare nel continente africano e nei Balcani, così come abbiamo deciso di guardare a mercati nuovi più interessanti, dal Messico, all’India, al Vietnam, all’America Latina, perché non possiamo ignorare che la situazione in Germania non è più quella di qualche anno fa”.

Tajani si è soffermato poi sui rapporti con la Cina e con l’Africa e sul ruolo dell’Occidente nell’economia mondiale. “Siamo usciti dalla Via della Seta e abbiamo ripreso l’accordo siglato con la Cina nel 2004. Lavoriamo molto con le Confindustrie africane: l’Africa ci tende la mano ed è nostro dovere porgere la nostra, perché l’alternativa è che questi Paesi si rivolgano alla Russia, mentre l’Occidente deve tornare a essere promotore di crescita economica in tutto il mondo. L’Italia vuole mettersi alla guida di questo processo. Ricordo, a tal proposito. anche l’impegno nella tutela del trasporto marittimo attraverso un’azione militare difensiva dell’Unione Europea, sotto la guida della Marina militare italiana, che ha già permesso a 200 mercantili di attraversare Suez e il Mar Rosso per portare i nostri prodotti in estremo Oriente”.

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