Ferro, Ice: così supportiamo le aziende nell’internazionalizzazione

L’Agenzia ICE sostiene le imprese italiane e le supporta sui mercati esteri con diversi strumenti e servizi. Ce ne parla il Presidente Carlo Ferro

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ICE Carlo Ferro

di Laura Reggiani |

Dopo oltre 30 anni di carriera manageriale in aziende orientate alla competizione internazionale sui mercati globali, Carlo Ferro ha assunto nel gennaio del 2019 la presidenza di Agenzia Ice, l’organismo attraverso cui il Governo favorisce il consolidamento e lo sviluppo economico-commerciale delle nostre imprese sui mercati esteri.

Parlando dell’impatto che il Coronavirus sta avendo sull’economia, come vede la situazione? 

Stiamo vivendo oggi una situazione di rallentamento del commercio mondiale che sta toccando tutte le imprese italiane, sia dal punto di vista dell’offerta, cioè della capacità di avere beni da vendere all’estero, dato il fermo delle attività produttive, sia dal punto della domanda e anche della funzionalità dei sistemi logistici che intermediano le transazioni commerciali nel mondo.

Difficile per me fare delle previsioni, visto che anche l’organismo più competente come la World Trade Organization stima la caduta del commercio internazionale nel 2020 in una forbice decisamente ampia, compresa tra il 12% e il 35%. È chiaro, comunque, dal dialogo avuto con le imprese, che, in modi diversi da settore a settore, l’impatto sul commercio sarà evidente.

Quali sono le misure da mettere in atto per sostenere le imprese in una situazione di profonda criticità?

Occorre preparare le imprese italiane a partecipare alla ripresa quando il commercio mondiale riprenderà, aiutandole ad analizzare e ad avere una visione su come saranno i mercati dal punto di vista della geografia economica delle aree di domanda e dei rapporti bilaterali, ma soprattutto dal punto di vista dei canali di marketing.  Sono infatti convinto che alla ripresa i mercati saranno caratterizzati da una fortissima accelerazione dell’uso dei canali digitali. In questo momento di pausa forzata tutti quanti, persone e imprese, ci siamo abituati a un maggiore utilizzo dei sistemi digitali in generale e dell’e-commerce in particolare, e continueremo a farlo anche in futuro, sia per uso personale ma molto probabilmente anche per acquistare elettronica.

La capacità di riprendere i contatti e di trasferire la qualità della propria offerta e del proprio prodotto nel mondo avverrà, a mio avviso, sempre meno con manifestazioni di persone e sempre più attraverso gli strumenti digitali. In quest’ottica, anche in Ice ci siamo mossi per accelerare questa evoluzione verso il digitale del commercio internazionale del nostro Paese, organizzando una serie di webinar dedicati ai diversi Paesi, che hanno mostrato grande partecipazione e interesse da parte delle imprese.

Covid-19 a parte, quali sono i punti di debolezza delle nostre imprese a livello internazionale? Cosa si può e si deve fare per il loro consolidamento e il loro sviluppo sui mercati esteri?

Per rispondere a questa domanda, come è nella mia forma mentis, parto da un’analisi dei numeri. Se guardo ai dati di esportazioni dell’elettronica vedo che questa rappresenta sicuramente un settore molto importante per l’export italiano, ma ancora relativamente debole rispetto alla capacità di esportazione del made in Italy nel suo complesso. I 40 miliardi di export dell’elettronica rappresentano una quota di mercato pari all’1,3% del commercio mondiale nel settore, contro una media di una partecipazione dell’industria italiana al commercio internazionale del 3%. Va detto ancora che l’Italia si posiziona al 9° posto per quanto riguarda il commercio internazionale, mentre nell’elettronica si posiziona solo al 16° posto. 

A cosa può essere dovuto questo gap e, soprattutto, come possiamo correggerlo? L’elettronica è un settore che riflette grande capacità di innovazione e di investimenti in Ricerca & Sviluppo, ma purtroppo l’industria italiana spende troppo poco in attività di R&S, mediamente la metà di quello che spende la Germania, ossia l’1,5% del fatturato manifatturiero per l’Italia contro il 3% della Germania.

Un altro aspetto da considerare è quello legato alle politiche industriali del nostro Paese, che negli anni hanno portato alla completa perdita di alcune filiere.  Venendo da una precedente esperienza di joint venture tra Italia e Francia, ho potuto personalmente constatare come in questi ultimi 20 anni l’evoluzione della politica industriale, l’attenzione alle imprese e gli strumenti messi in campo dai due Paesi siano stati completamente diversi, e lo dimostra il fatto che la francese Bull sia ancora presente mentre Olivetti di fatto non c’è più.

La mia conclusione è che la ragione di questo non stia nel Dna e nella capacità di adattamento strategico delle due imprese, ma nella diversa volontà dei Governi del tempo di finanziare la trasformazione della propria presenza nel mondo dell’elettronica. C’è poi da considerare anche un aspetto strutturale, quello del particolare tessuto dell’industria italiana che si caratterizza per la presenza di imprese di piccole e medie dimensioni; le Pmi, strutturalmente, tendono a essere, a causa delle dimensione di scala e della taglia, meno organizzate per affrontare l’export.  Cosa si può fare di più? Aiutare maggiormente le piccole e le medie imprese della filiera dell’elettronica a poter essere presenti sui mercati esteri utilizzando il “sistema paese” e i grandi player che fanno parte della filiera.

Le faccio solo un esempio: nel settore dall’aerospazio dove abbiamo due grandi player come Leonardo e Avio, quando andiamo a portare la nostra offerta all’estero, insieme a loro ci sono anche centinaia di imprese che fanno parte del saper fare nazionale del settore.  Serve quindi un approccio di filiera, che possa dare visibilità anche alle Pmi e serve essere più vicini, anche come Agenzia Ice a queste piccole medie imprese. Proprio in quest’ottica abbiamo deciso di tornare ad essere presenti sul territorio attraverso dei desk settimanali sistematici, dove le imprese trovano nella loro regione, un giorno alla settimana, un funzionario dell’Ice che fa loro da ponte per i servizi essenziali, quelli cioè utili per avviare le attività di esportazione, che diamo nei nostri 78 uffici nel mondo.


<<L’elettronica è un settore che riflette grande capacità di innovazione e di investimenti in Ricerca & Sviluppo, ma purtroppo l’industria italiana spende troppo poco in attività di R&S, mentre le politiche industriali del nostro Paese, negli anni, hanno portato alla completa perdita di alcune filiere>>

CArlo FErro, presidente Ice


Recentemente avete anche rivisto il catalogo dei servizi dall’Agenzia e ampliato la gratuità dei servizi offerti alle imprese con meno di 100 dipendenti. Quali sono gli obiettivi e quali gli strumenti messi in campo?

A partire dallo scorso 1 aprile abbiamo riclassificato le tradizionali attività offerte di supporto e consulenza, come la ricerca di clienti e partner esteri, di distributore di agenti doganali, di promotori locali rendendo questi servizi gratuiti per le piccole e medie imprese. Un’iniziativa di successo, come dimostra il fatto che, nonostante l’attuale fermata dovuta all’emergenza sanitaria, abbiamo già ricevuto domande di servizi da 2.200 imprese. Quello che dobbiamo fare per l’elettronica, ma anche per altri settori, è aumentare la capacità strutturale e sistematica di affrontare i mercati esteri.

L’Italia ha solo 126mila imprese che sono esportatrici sistematiche e questo numero va assolutamente aumentato. Per far questo serve una componente imprenditoriale di strategie e investimenti, ma serve soprattutto una componente di sistema che dia le condizioni di supporto per farlo: più servizi, più attività, più missioni, più presenza sul territorio, più digitale e la possibilità di essere presenti sotto l’ombrello delle missioni governative.

Poiché l’elettronica è figlia dell’innovazione e l’innovazione nasce con le start-up, Agenzia Ice ha triplicato l’investimento promozionale a loro dedicato, ha avviato dei programmi importanti di promozione della loro presenza ai grandi eventi internazionali di filiera. Un esempio in questo senso è quanto abbiamo fatto all’ultima edizione del Ces di Las Vegas, dove abbiamo portato 45 start-up italiane, supportati anche, per la prima volta, da una presenza governativa con la visita della Ministra per l’Innovazione. Il prossimo anno raddoppieremo lo spazio a loro disposizione e porteremo oltre 100 start-up.

Da segnalare anche il lancio del “Global Start-up Program”, un programma che consente alle aziende emergenti e innovative italiane di svolgere per quattro mesi un percorso presso degli acceleratori esteri. Lo scorso anno alla prima edizione abbiamo avuto circa 100 partecipanti che abbiamo portato in 6 Paesi e in questi giorni stiamo lanciando il bando per la nuova edizione che traguarderà 150 start-up in 10 diversi Paesi. Si tratta di un modo che permette di accompagnare innovazione e internazionalizzazione in un percorso virtuoso, e che riporta l’attenzione verso l’inclusione dei giovani e verso il digitale. Sono infatti convinto che l’industria dell’elettronica rappresenti il facilitatore fondamentale dello sviluppo e della crescita di tutte le filiere, dall’agroalimentare alla nautica.

I mercati esteri rimangono per molte delle imprese tecnologiche italiane un canale imprescindibile di sviluppo. Ci sono delle azioni specifiche a supporto di queste aziende?

Sicuramente. Per questo, tra le varie azioni di accompagnamento delle imprese italiane alla ripresa e al loro riposizionamento sui mercati abbiamo implementato un’iniziativa chiamata “Fiera Smart 365”. Pensiamo infatti che, nel breve termine, per la ripresa del sistema fieristico sia importante dotarlo di strumenti di funzionamento anche di fiera virtuale, che consenta la partecipazione alle fiere di visitatori remoti, di trasferire il “look and feel” della presenza, di scambiare cataloghi digitali, di avere chat interattive di interscambio.

La visione di medio termine è avere una fiera 365 giorni all’anno, senza nulla togliere alla centralità della fiera fisica, mantenendo cioè i 4/5 giorni dell’evento nel quartiere fieristico, ma dando poi la possibilità per gli altri 360 giorni all’anno a visitatori ed espositori di far parte di un social network qualificato e certificato, in cui possono continuare a fare business. Un progetto già lanciato, che sarà pronto a luglio con il primo modulo della fiera virtuale e che successivamente sarà arricchito con il modulo b2b di 365 giorni all’anno.


 

L’intervista integrale è pubblicata sul numero 2 di Elettronica AV

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