“Il lupo di Wall Street”

Molto spesso, chi la spara più grossa vince, vedi l’amico Jordan interpretato da Di Caprio nel film di Scorsese. Vince… nel breve.

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Lupo di Wall Street

di Fritz Walter |

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Diciamoci la verità: nessuno si aspettava un risultato diverso dal voto comunale di Roma, Milano, Torino e, più in generale, dall’esito delle elezioni amministrative di ottobre, che hanno consentito al buon Enrico Letta di gongolarsi e parlare di “vittoria trionfale”. Lo si era capito già al primo turno, a Milano con l’immediata conferma di Sala e a Roma con i voti “all together” incassati da un centrodestra incapace di trovare candidati credibili e quelli frammentati del Dream Team Gualtieri-Calenda-Raggi: 30,1% contro un 65 e più per tutti quei partiti non propriamente vicini al Berlusca e ai suoi amici. È vero, eravamo nella Capitale, ma neanche Michetti credeva al miracolo.

Ci sono però dei punti importanti sui quali riflettere. In prima analisi, un’affluenza alle urne mai così scarsa, con il non invidiabile record del secondo turno fermo al 43,9%. È stato il dato storico negativo di partecipazione al voto, con un elettore su due che ha deciso di astenersi. E non serviva nemmeno il Green-Pass! Poi ci si lamenta che le cose non girano.

Un’altra piccata considerazione è sicuramente la già citata incapacità del centrodestra di identificare per tempo delle figure credibili, o quanto meno conosciute, e di trovare un’unità che fosse di sostanza, e non solo di facciata. Sulla carta oggi Berlusconi, Meloni e Salvini (citati rigorosamente in ordine alfabetico) porterebbero a casa il risultato pieno in forza di un 47/49 percento degli ultimi sondaggi, ma nella realtà sono sempre più frequenti le frizioni fra Lega e FDI. Dove invece queste non ci sono, il risultato è molto spesso garantito, come nell’unica Regione al voto, la Calabria: qui il centrodestra ha preso il 54,5% e doppiato la “sdoppiata” concorrenza, raggiungendo quota 14 Regioni amministrate.

Last but not least, abbiamo assistito alla totale débâcle del M5S, che in un colpo solo perde (male) Roma e Torino, fiori all’occhiello della precedente turnazione elettorale, allora interpretata da Di Maio & C., insieme alla prima importante vittoria nella città ducale di Parma, il punto di partenza per una rivoluzione di cui nessuno ha visto gli effetti né, tanto meno, i benefici. Le promesse elettorali mai mantenute dei Grillo Boys (TAV, TAP, Ilva, Atlantia, la regola dei due mandati, gli F35, i voti di fiducia e la molto elettronica Whirlpool) si sono trasformate in una emorragia di voti che fanno del partito capitanato oggi dell’ex premier Conte la quarta forza politica nazionale, con la concreta possibilità di essere fagocitata, alle prossime elezioni politiche, da un PD con una squadra tipicamente dotata di tutt’altro pedigree. E questo si tradurrebbe al ritorno di un bipolarismo stile 1996, con un salto indietro nel tempo di circa trent’anni!

Evidentemente, per avere i voti poco contano gli oltre 20 miliardi di euro erogati per il tramite del reddito di cittadinanza. L’operazione, nella sua totalità con i centri per l’impiego targati Anpal, Navigator e relativo ricollocamento, è stata, anche secondo il presidente di Confindustria Bonomi, un fallimento: 423 assunti a fronte di uno stanziamento di oltre 516 milioni di euro, RdC escluso! L’unico che ancora se ne compiace è il Prof. Mimmo Parisi, chiamato a dar vita alla rivoluzione culturale penta-stellata nelle politiche dell’occupazione, o della disoccupazione.

Ma siamo in Italia e, molto spesso, chi la spara più grossa vince, vedi l’amico Jordan interpretato da Di Caprio nel film di Scorsese. Vince… nel breve. Che il problema sia nel nome?


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