Dati Ice: con la pandemia tre anni persi per l’export italiano

Il Covid-19 segna una brusca frenata e fa perdere tre anni al percorso di crescita dell’export italiano, in marcia dal 2010. Lo confermano le previsioni di Agenzia ICE che stima per il 2020 una flessione del 12%

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pandemia export ICE

di Laura Reggiani |

Nel 2019 l’export italiano ha registrato una crescita del 2,3% e la bilancia commerciale un saldo positivo di 53 miliardi di euro, ma nel 2020 le esportazioni italiane subiranno, a causa della pandemia, una brusca frenata e chiuderanno l’anno in flessione del 12%, per poi crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022. È quanto emerge dall’ultimo rapporto sul commercio estero L’Italia nell’economia internazionale realizzato dall’Agenzia ICE in collaborazione con Prometeia, Istat, Fondazione Masi, Università Bocconi e Politecnico di Milano.

2019: un export in ottima salute

A fine 2019, prima quindi che la pandemia facesse il suo ingresso sulla scena mondiale, la situazione dell’export italiano era molto buona. “I dati consuntivi confermano che nel 2019 l’export italiano godeva di un ottimo stato di salute. Aveva terminato l’anno con una crescita del 2,3% attestandosi a 476 miliardi di euro e mantenuto la quota di mercato sul commercio mondiale stabile al 2,84%. Un risultato importante perché ottenuto in un periodo turbolento sui mercati mondiali, particolarmente per i Paesi europei, stretti nella disputa commerciale Usa-Cina, pressati dai dazi americani su molti beni esportati dall’Europa e confusi nell’incertezza su tempi e termini della Brexit”, afferma Carlo Ferro, Presidente dell’Agenzia ICE.

La crescita ha riguardato, in particolare, il settore farmaceutico, le bevande, i prodotti del sistema moda, la metallurgia. Dal punto di vista dei mercati, la crescita ha riguardato principalmente il Giappone, anche grazie all’accordo di libero scambio con l’Unione Europea in vigore da febbraio 2019 e la Svizzera, hub di smistamento internazionale. Anche verso gli Stati Uniti l’export italiano è cresciuto, nonostante i dazi imposti a fine 2019 su alcune categorie di merci. Tra le Regioni italiane, la crescita più sostenuta si è avuta per Toscana e Lazio, mentre Germania (12.2% sull’export totale italiano), Francia (10.5%) e Stati Uniti (9.6%) sono rimasti i primi tre mercati di sbocco. Macchinari (17.2%), moda (11,9%) e la filiera agro-alimentare (9,1%) i tre settori che contribuiscono maggiormente al nostro export. E Lombardia (27%), Emilia-Romagna (14.1%) e Veneto (13.7%) sono le tre regioni che esportano di più.

Il 2020 e gli effetti della pandemia  

“Anche i primi due mesi del 2020 sono stati positivi per l’export: +4.7% tendenziale, nonostante a febbraio fosse già evidente il rallentamento dei flussi con la Cina. Istat ha recentemente pubblicato le rilevazioni del periodo gennaio–maggio 2020 che vedono l’export in caduta tendenziale del 16%, sintomo evidente della pandemia globale, da una parte. Dall’altra l’andamento congiunturale segna una crescita del 35% da aprile a maggio: primo segno di ripresa delle attività”, continua Ferro. Ad aprile ICE stimava una flessione dell’export italiano di beni nell’ordine del 12% per il 2020, per poi crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022. In questo quadro, l’export del nostro Paese tornerà ai livelli del 2019 solo nel 2022. La pandemia da Covid-19 segna infatti una brusca frenata facendo “perdere” tre anni al percorso di crescita dell’export italiano, che era in marcia dal 2010. Istat ha previsto per il 2020 un calo del 13,9%, per beni e servizi e la Commissione europea, sempre per beni e servizi, stima una flessione del 13%. D’altra parte, la difficoltà di previsione in questo scenario è evidente nell’ampiezza della forchetta con cui il Wto stima la caduta degli scambi internazionali: un range che va dal 12% al 35%.

2021: la possibile ripresa

Secondo lo studio ICE-Prometeia, la ripresa degli scambi mondiali nel 2021 sarà guidata dall’aggregato degli Emergenti Asia (+10,3% e +8,2% per l’import di manufatti rispettivamente nel 2021 e 2022), Cina in testa. Il maggiore utilizzo dell’e-commerce, in questi Paesi, potrebbe diventare strutturale, agendo da volano per gli scambi, soprattutto nell’ambito dei beni di consumo. Dal punto di vista delle categorie merceologiche, i cali più importanti nel 2020 sono previsti nei mezzi di trasporto, con l’import mondiale di autoveicoli e moto in contrazione del 16% a prezzi costanti e una domanda globale di cantieristica in forte flessione (-12%). Il ridimensionamento potrà essere più contenuto nei settori meno ciclici e favoriti nel paniere di spesa associato all’emergenza, quali la chimica farmaceutica (-9,6%), l’alimentare e bevande (-10,6%), con una forte contrazione della domanda del canale HoReCa e dell’elettronica (-10% circa).

Il Patto per l’Export

“Per rispondere all’urgenza del momento e rafforzare il posizionamento strategico del Made in Italy sui mercati di domani è quanto mai importante l’azione di supporto del Sistema Paese. In particolare, per le Pmi che rappresentano oltre il 90% delle imprese italiane e generano oltre il 50% dell’export, ma sono anche, per taglia, le più vulnerabili e, per assetto organizzativo, le meno preparate all’innovazione digitale dei processi” continua Ferro. “La risposta a questa sfida collettiva, in aggiunta agli interventi sulla liquidità delle imprese, è il Patto per l’Export voluto dal Ministro Di Maio e come ICE siamo impegnati a supportare il MAECI nella sua attuazione: abbiamo sottoscritto l’impegno in questo percorso di ammodernamento e di servizio e acceleriamo ora con una serie di azioni, tra cui gli accordi con numerosi marketplace con l’obiettivo di portare le imprese italiane in 59 iniziative nei canali e-commerce e della grande distribuzione offline to online in 28 Paesi nel mondo; il progetto Fiera Smart 365 che consentirà alla manifestazione di vivere 365 giorni all’anno; la formazione di 150 nuovi digital export manager; i progetti di impiego della tecnologia blockchain per la tutela del Made in Italy; e l’elaborazione del piano di comunicazione per il rilancio del brand Made in Italy” conclude Ferro.


L’articolo integrale è pubblicato sul Numero 5 di Elettronica AV


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