Rapporto Ice sul commercio estero: tensione sul mercato globale

Il rapporto Ice sul commercio estero stima per gli scambi mondiali una ripresa nel prossimo biennio; lo scorso anno le importazioni mondiali di manufatti sono cresciute solo dell’1,2%, a dimostrazione di un mercato globale condizionato dalle tensioni politiche

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rapporto Ice

di Greta Gironi |

L’edizione 2019 del Rapporto Ice – Prometeia “Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori”, redatto prima che il l’epidemia legata al Coronavirus sconvolgesse il commercio mondiale, stima gli scambi mondiali nuovamente in accelerazione (+2,4%) a partire dal 2020, con un tasso di variazione di oltre il 3% nel corso del 2021 e punte a doppia cifra in alcuni nuovi mercati come India, Vietnam e Paesi dell’Africa sub sahariana.

Per le imprese italiane si tratta di tassi di crescita che superano significativamente quelli attesi per la domanda interna, confermando i mercati esteri come un canale imprescindibile per il loro sviluppo.

Le spinte protezionistiche

Dopo anni in cui il processo di integrazione globale aveva tenuto circoscritti i rischi legati alle spinte protezionistiche, il 2019 ha recepito in maniera più diretta le tensioni dello scenario. Durante lo scorso anno le importazioni mondiali di manufatti sono cresciute dell’1,2%, il livello più basso nell’ultimo decennio, dopo quello del 2016, e con un rallentamento diffuso a tutte le principali aree.

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, la vicenda Airbus e i conseguenti dazi compensativi, le incertezze legate alla Brexit sono stati gli elementi che nel corso dell’anno hanno reso il quadro degli scambi assai più incerto che in passato e condizionato la performance del 2019. Il Rapporto guarda però oltre la congiuntura corrente e in particolare fa emergere le opportunità del prossimo biennio.

Scambi mondiali in accelerazione, Coronavirus permettendo

Già a partire dal 2020 gli scambi mondiali nel loro complesso sono attesi positivi e in accelerazione rispetto al 2019 (+2,4%), ma sarà nel 2021 che si verificherà una crescita più intensa dell’economia mondiale e un ulteriore miglioramento delle importazioni stimato nel 3,7%. Un tasso sufficiente a riportare sopra l’unità il rapporto tra variazione degli scambi e quella del Pil.

Diverse ipotesi di fondo alimentano questo scenario favorevole, che vede per esempio un impatto più limitato di due importanti fattori penalizzanti nel recente passato: le tensioni tra Usa e Cina e il processo di Brexit.

India e Vietnam tra le aree da osservare

Secondo le stime, durante il prossimo biennio potremo assistere a un ritorno in fase espansiva dell’import cinese che offrirà il maggior contributo alla crescita del commercio mondiale in termini di importazioni assorbite. Gli Usa costituiranno il secondo mercato per aumento dei livelli di import dal mondo.

La graduatoria dei mercati a maggior crescita lungo lo scenario prosegue con paesi di minori dimensioni, ma di sicuro interesse sia per velocità della crescita, sia per le loro prospettive di medio lungo temine. India, Vietnam e paesi dell’Africa subsahariana in particolare rappresentano da questo punto di vista le destinazioni più attrattive, con tassi a doppia cifra nelle prospettive al 2021. La spinta dell’aumento demografico, la recente apertura delle economie domestiche, l’urbanizzazione crescente rappresentano, anche sotto il profilo dell’internazionalizzazione, alcune delle condizioni abilitanti per uno sviluppo duraturo.

Per quanto riguarda i settori, le previsioni mostrano che, se l’automotive ha fatto da freno alla crescita del commercio mondiale, dopo averlo tuttavia sostenuto molto in passato, per altri settori il trend si rivela ben più favorevole.

Già nel 2019, comparti importanti per la manifattura italiana hanno registrato una crescita dell’import mondiale superiore al dato medio; tra questi il sistema moda e casa, la chimica farmaceutica e la meccanica. L’elenco dei settori più dinamici si allargherà nel 2020 all’alimentare.

Italia: la capacità di intercettare la domanda

Il successo dell’Italia sui mercati internazionali dipende dal saper intercettare di volta in volta i segmenti di domanda più congeniali alle produzioni nazionali. È il caso della Cina, dove l’export italiano è cresciuto oltre la media dei concorrenti grazie all’evoluzione del consumatore cinese di Made in Italy che oggi è sofisticato e sa valutare e premiare la qualità dei beni.

Una tale maturazione ha permesso negli ultimi 5 anni un aumento della quota italiana sia all’interno del sistema moda sia nel sistema casa. Questo processo si può estendere nell’immediato futuro ad altri due pilastri dell’offerta italiana: l’alimentare e la meccanica.

Il Rapporto poi evidenzia una ulteriore opportunità legata al rafforzamento del presidio italiano all’estero collegata alla Cina. Questa passa dalla collaborazione industriale tra le imprese dei due paesi in paesi terzi e, più in generale, dalla possibilità per l’Italia di entrare con le proprie specializzazioni premium dove l’offerta mass market cinese ha già fatto da apripista, come nel caso dei mercati africani o di paesi lungo la via della seta. Un meccanismo analogo può nascere dalla guerra dei dazi.

Se il protezionismo rimane per il commercio internazionale un gioco a somma negativa, ciò non significa che singoli paesi e settori non presentino qualche opportunità dalla rottura di equilibri consolidati, provocata dall’aumento improvviso dei dazi. Nel caso del vino per esempio i dazi compensativi colpiscono Francia e Spagna, i principali concorrenti esteri dell’Italia sul mercato Usa con una quota del 34% e del 6%. È chiaro che un loro indebolimento competitivo a causa dei maggiori oneri doganali, potrà accelerare l’aumento già in corso della quota italiana, arrivata al 30% nel 2018.

Un tema sempre rilevante, e dove le produzioni italiane mostrano già un vantaggio competitivo, è quello della sostenibilità ambientale dei prodotti esportati. Le importazioni mondiali dei beni collegati all’ambiente sono infatti cresciute negli ultimi anni ben più velocemente della media del commercio mondiale.

Guardando ai cosiddetti megatrend che attraversano l’economia globale, lo scenario rivolge alle imprese italiane alcune sfide: dalla mobilità elettrica, che chiama in causa una filiera imprescindibile per la dimensione manifatturiera di un Paese, agli investimenti per la digitalizzazione, che sono fattori necessari e abilitanti per crescere sui mercati (e-commerce e Big Data i casi più evidenti), per favorire l’innovazione dei prodotti (progettazione e stampanti 3D) e per la tutela degli asset aziendali (Cybersecurity).

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