di Alan Friedman | Al di là degli orrori a cui ogni giorno siamo costretti ad assistere nei campi di sterminio di Putin, al di là del deliberato disastro umanitario di più di cinque milioni di rifugiati e decine di migliaia di deportati all’interno di “campi di filtraggio”, al di là di tutto questo cumulo di desolazione, rovina e morte c’è anche un disastro economico che sta prendendo piede.
La guerra in Ucraina piomba in mezzo a un’economia che già alla fine dell’anno scorso dava segni di indebolimento, con persistenti problemi alle catene di approvvigionamento, prezzi delle materie prime in crescita e un costo dell’energia che schizzava alle stelle. L’Italia veniva da un anno di rimbalzo spettacolare, in cui aveva fatto registrare un +6,6%, e sperava di crescere di un ulteriore 4,8% nel 2022. Una cifra che ben presto è stata ritoccata al 4%, poi al 3,8%, al 3,1% e infine al 2,7% che compare nel Def. Adesso il Fondo Monetario Internazionale prevede un +2,3%: la crescita viene solo da quel 2,3% che è trainato dall’anno scorso nei conti nazionali. In realtà, i primi sei mesi del 2022 probabilmente sono stati negativi, mentre la seconda metà dell’anno, in termini reali, potrebbe vedere una crescita modesta, dell’ordine dello “zero virgola qualcosa”.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero 14 di Elettronica AV
Una crisi nella crisi
“Qual è il costo dell’invasione russa dell’Ucraina? Una crisi che si è aggiunta a un’altra crisi, con un costo umano devastante e una massiccia battuta d’arresto per l’economia globale”, ha detto Kristalina Georgieva, Managing Director del Fondo Monetario Internazionale durante un recente incontro dei Ministri delle finanze a Washington. La guerra ha esacerbato un’inflazione che già cresceva negli Stati Uniti per via dell’iniezione di cinquemila miliardi di dollari nell’economia da parte del governo, mentre le catene di approvvigionamento mondiali e la globalizzazione stessa sono minacciate dai problemi tuttora collegati alla pandemia da Covid, con gli ultimi lockdown in Cina che probabilmente causeranno altri colli di bottiglia. Il capo economista dell’FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, ha detto che l’economia russa si contrarrà almeno dell’8,5% quest’anno, mentre un irrigidimento delle sanzioni che includesse restrizioni sull’esportazione di energia potrebbe anche raddoppiare il declino del Pil russo, fino al 17% per il 2023. Ha detto anche che le banche centrali si troverebbero ad affrontare pressioni sempre più forti per combattere l’inflazione alta, tramite politiche monetarie più restrittive; un ulteriore inasprimento delle sanzioni potrebbe accelerare questo processo, che a sua volta è suscettibile di provocare ulteriori difficoltà sia per l’economia europea che per quella dei Paesi in via di sviluppo.
“La guerra va ad aggiungersi alla sfilza di shock delle forniture che ha colpito l’economia globale negli ultimi anni. Come onde sismiche, i suoi effetti si propaganderanno in lungo e in largo – tramite le varie connessioni con il mercato delle materie prime, il commercio e la finanza”, ha detto Gourinchas a Washington. La riduzione dei rifornimenti di petrolio, gas e metalli prodotti in Russia, così come di grano e mais – coltivati sia in Russia che in Ucraina – contribuisce poi alla brusca impennata dei prezzi in Europa, nel Caucaso e nell’Asia centrale, in Medio Oriente, nell’Africa settentrionale e sub-sahariana. E questo colpisce duramente le famiglie a più basso reddito di tutto il mondo. In definitiva, il prezzo della guerra del signor Putin è un incalcolabile disastro umanitario, l’uccisione di migliaia di civili innocenti, la perpetrazione di crimini di guerra e atrocità, e un’economia mondiale che soffre, investita da uno shock tellurico. Per adesso, i rischi sono tutti al ribasso.
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