di Virna Bottarelli |
Il 22 e 23 settembre Firenze ha ospitato il summit mondiale della Federazione Internazionale del Purchasing e Supply Management (IFPSM), un’organizzazione nata a Londra nel 1974, che raggruppa 46 associazioni nazionali di categoria, in rappresentanza di circa 250.000 buyer. Fabrizio Santini è il presidente di Adaci, l’associazione che in Italia è il punto di riferimento per i professionisti degli acquisti e della supply chain e che in occasione del summit ha fatto gli onori di casa.
Di che cosa si occupa Adaci?
Adaci è l’Associazione Italiana dei Manager degli Acquisti e del Supply Management, partner dei professionisti e degli addetti operanti nel mondo del procurement e della Supply Chain; ad essa aderiscono oltre 1.500 professionisti del procurement di circa 1.000 aziende dei comparti e delle filiere principali. È, quindi, un’associazione di categoria, nata 55 anni fa con l’obiettivo, sempre attuale, di far crescere professionalmente e culturalmente i propri soci. A questo scopo organizza eventi e incontri formativi e ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero Dello Sviluppo Economico, oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy, per il rilascio dell’Attestazione di Qualifica e Qualificazione della Professione di Buyer, nel quadro di quanto previsto dalla Legge 4/2013 sulle professioni non organizzate in ordini.
L’associazione ha costruito nel tempo relazioni importanti con il mondo delle imprese e con altre associazioni di categoria, per essere il più possibile aggiornata sulle dinamiche e le esigenze del mercato, e rapporti di collaborazione con diverse università, per poter erogare una formazione qualitativamente valida. Siamo anche orgogliosi di rientrare da diversi anni nella classifica delle migliori 15 aziende in Italia Great Place to Work nella categoria tra i 10 e i 49 dipendenti. Nel 2023 abbiamo raggiunto il sesto posto.
Siete impegnati anche nella formazione di giovani che possano essere domani professionisti degli acquisti. In che cosa consiste questa vostra attività?
Ogni anno organizziamo, da quasi dieci anni, un progetto formativo dedicato a laureandi e neolaureati: il Campus Adaci, un percorso formativo ed esperienziale gratuito, che intende avvicinare i giovani al mondo del Procurement e Supply chain management e che fornisce loro una base di conoscenze su temi come la strategia del procurement, il marketing d’acquisto, la valutazione di fornitori e forniture, la negoziazione, la gestione di materiali e logistica finalizzati a migliorare il valore competitivo dell’azienda rendendo il processo di acquisto economico, sostenibile, innovativo e con rischi accettabili.
Per noi è importante investire sui giovani e sostenerli nel costruire il loro presente e il nostro futuro: al di là dell’offrire loro un’opportunità, auspichiamo anche che questi studenti, una volta entrati nel mondo del lavoro, facciano lo stesso per le generazioni a venire. Ecco perché non poteva mancare, all’interno del WSF23, una speciale sessione dedicata ai giovani talenti del futuro selezionati in circa 200 tra gli studenti meritevoli sia delle Università che delle Scuole Secondarie di Secondo Grado, integrata con la partecipazione ai lavori della giornata di apertura dell’IFPSM World Summit.
Quali competenze sono richieste oggi a un manager che lavora nel procurement? C’è una formazione universitaria che apre le porte a questa professione?
Intanto, direi che non è più sufficiente avere solo un know-how tecnico: occorrono anche attitudini come sensibilità, curiosità, creatività, abilità sociale e persuasione. Siamo in una fase in cui il lavoro sta cambiando, in particolare con l’adozione dello smart working e di un modo di lavorare più orientato agli obiettivi. In questa situazione anche per il Procurement Manager diventa essenziale la capacità di organizzare e gestire il proprio team in modo efficace, per non correre il rischio di perdere risorse preziose in una fase in cui si registra una generale difficoltà a reclutare e trattenere le persone.
Questa professione richiede, del resto, una capacità di connettere le persone dentro e fuori le organizzazioni. Nella mia esperienza personale, ho sempre lavorato ponendomi l’obiettivo di migliorare il prodotto migliorando il processo della linea di fornitura, il tutto nel rispetto dell’ambiente e delle persone che operano ai vari step della Supply Chain. Importante è la formazione specifica nel settore procurement, per mantenersi poi aggiornati sulle best pratice del settore e voglio sottolineare a tal proposito il valore di Adaci Formanagement, che da 25 anni eroga corsi e percorsi formativi, aziendali e multi-aziendali, in modalità anche duale, di ottimo livello. Dal punto di vista della formazione universitaria, senz’altro danno un background ideale le facoltà di economia e di ingegneria, gestionale in primis. Nel mio caso, sono un ingegnere elettronico, anche se un po’ atipico perché mi sono sempre interessato a discipline umanistiche, dalla storia alla filosofia. Non è detto, tuttavia, che chi studia giurisprudenza o lingue non possano trovare il proprio spazio in questo ambito, considerati i diversi aspetti legali da gestire e la dimensione internazionale delle catene di fornitura.
Venendo al mercato, come commenta questi ultimi tempi, contrassegnati da eventi epocali come la pandemia e la guerra russo-ucraina?
Credo che sia in taluni casi mancata la capacità nelle aziende di prevedere e gestire gli imprevisti reagendo in tempi e modi adeguati a salvaguardare il business. L’andamento altalenante di prezzi e approvvigionamenti ha dato maggiore importanza al ruolo dell’ufficio acquisti, che ha saputo ben reagire alle difficoltà presenti, gestendo in tempi rapidi alternative di fornitura. Tra le azioni intraprese, però, alcune non sono sempre state vincenti, come quella di fare stock senza preoccuparsi adeguatamente delle previsioni e dei costi sul mercato. Per questo motivo diverse aziende si trovano ora con magazzini che contengono quantità e valori elevati di materie prime e semilavorati che nessuno richiede. A ciò si aggiunga che molti uffici tecnici hanno deciso di cambiare materiali, forme e dimensioni dei vari prodotti, con un impatto importante, ovviamente, sulle forniture. Non reputo corretta nemmeno la scelta di centralizzare gli acquisti, in un’ottica di riduzione dei costi, senza avere un rappresentante diretto laddove si acquistano le materie prime: per pianificare al meglio è importante conoscere bene l’intera filiera, i rischi che ogni fornitore presenta ed essere consapevoli che nei momenti di crisi si creano, inevitabilmente, delle speculazioni.
Senza questo presupposto, anche la sostituzione di un fornitore con un altro non è garanzia di eliminazione di una problematica. Infine, la difficoltà, o errore, è stato in molti casi essere dipendenti da un solo fornitore, che diventa giocoforza dominante. Le conseguenze di una politica di questo tipo, che comun- que non riguarda solo gli acquisti ma l’economia in generale, si sono viste proprio negli ultimi anni: le aziende europee che hanno voluto monetizzare velocemente e abbattere i costi scegliendo le alternative low cost dei Paesi del Sud Est asiatico hanno accumulato guadagni, ma si sono poi trovate a registrare perdite al verificarsi dello shortage e dell’aumento dei prezzi. Questo non sarebbe accaduto se si fossero mantenute filiere forti anche in Europa. Non sempre, quindi, delocalizzare è utile a lungo termine.
A proposito di filiere locali, infine, qual è la situazione oggi?
C’è un certo interesse a voler costruire filiere più corte, ma si tratta di un processo non semplice né immediato, perché servono investimenti e in una fase economica come quella attuale non c’è molta disponibilità. Le imprese si stanno focalizzando più sui mercati locali e questa tendenza non sarà priva di conseguenze: la crisi che si è aperta in Cina è in parte imputabile anche al fatto che diverse aziende occidentali stanno rivedendo le loro scelte.
Chi è Fabrizio Santini
Classe 1963, Fabrizio Santini si è laureto in Ingegneria Elettronica, indirizzo Automazione e Robotica, e per più di vent’anni si è occupato di acquisti in diverse realtà di caratura internazionale nei settori automotive e consumer, come Piaggio, Thomson, Cartiera Lucchese e DeWalt Industrial Tools, del Gruppo Black & Decker. Nel 2000 diventa socio Adaci e ricopre vari incarichi all’interno dell’associazione: consigliere, presidente della sezione Toscana e Umbria per oltre 15 anni e dal 2017 presidente nazionale. Oggi si dedica alla consulenza in supply chain e procurement in ambito industriale, collabora con diverse Università italiane e, dal 2020, è amministratore unico di Adaci Formanagement, società di formazione e consulenza soggetta alla direzione e al coordinamento di Adaci. Oltre a essere fondatore di un’associazione no profit nel settore dell’aiuto ai minori, per diversi anni è stato arbitro di calcio, un’attività grazie alla quale ha maturato la capacità di “valutare e prendere decisioni in tempi rapidi”.