di Virna Bottarelli |
Industrial IoT, Industrial Analytics e Advanced Automation: sono queste le tecnologie sulle quali le aziende consultate dall’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano sull’Industria 4.0, hanno dichiarato di voler focalizzare gli investimenti. In particolare, puntano all’IIoT il 48% delle imprese, sull’Industrial Analytics il 39% e sull’Advanced Automation il 33%. Spostando però l’enfasi verso un orizzonte di 3/5 anni, le priorità sembrano cambiare: Advanced Automation, Cloud e Additive Manufacturing diventano le tecnologie che catalizzano maggiore interesse.
“Questo percorso appare ragionevole”, commenta Elisa Convertini, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, “sia in termini di ‘sequenza di lavoro’ sia in termini di maturità di alcune soluzioni, ed è opportuno che il mondo dell’offerta tenga presente queste indicazioni di tempistica”. Intelligenza Artificiale e Blockchain, invece, non sono ancora previste in modo rilevante nei piani di investimento dei prossimi 5 anni, con alcune eccezioni per le aziende di grandi dimensioni (24% vs 13% delle Pmi), mentre le Pmi restano concentrate su investimenti più vicini alle tecnologie core dell’Industria 4.0.
L’approccio delle aziende all’Industria 4.0
“Le Grandi aziende hanno avviato per prime progetti di innovazione, forti sicuramente della maggiore disponibilità di risorse da dedicare a queste iniziative, delle spinte che spesso arrivavano dalla casa madre estera e della capacità di disporre delle competenze necessarie per poter seguire l’innovazione”, dice Convertini a proposito dei diversi approcci all’Industria 4.0 da parte delle aziende italiane. “Inoltre, sempre di più tutte le iniziative sono parte di un piano pluriennale strutturato, che si compone di azioni e progetti visti in un percorso di trasformazione di lungo periodo, che include anche l’introduzione di tecnologie come l’Artificial Intelligence e la Blockchain. Un’evidenza chiara è anche la loro maggiore maturità digitale rispetto a quella delle PMI: infatti, uno dei principali ostacoli all’innovazione delle imprese con dimensioni più ridotte risiede proprio in alcune lacune tecnologiche, di processo e organizzative basilari per poter impostare un percorso digitale 4.0”.
Dalla ricerca dell’Osservatorio è emerso comunque che, in questa fase storica, tra le imprese non grandi, le principali destinatarie di un programma di trasformazione digitale sono le medie imprese, più che le piccole o le micro. “Per quanto l’inclusività rimanga un valore universale, non si può non considerare che questa trasformazione richiede non poche risorse, finanziarie e manageriali, e necessita dunque di una certa struttura e capacità. Abbiamo considerato diversi fattori, sia hard (come la disponibilità di capitali da investire) sia soft (come il grado di istruzione medio del management) e fatto un esercizio di codifica di diversi archetipi di impresa. Così, a titolo di esempio, per aziende definite Impassibili sarà necessario partire dal sensibilizzare il vertice aziendale circa il contenuto della trasformazione digitale, delineare una vision strategica da cui far scaturire la propria roadmap di trasformazione, composta da progetti ben identificati, messi a fuoco e condivisi. Le imprese Lente, invece, hanno capito il potenziale legato alla trasformazione digitale, ma sono ancora riluttanti nell’intraprendere il percorso: hanno quindi bisogno di vedere subito benefici concreti (anche se limitati) e hanno bisogno di soluzioni (tecnologiche e organizzative) modulari e facilmente integrabili, per agevolare i passi in avanti, piccoli, ma veloci. In altri casi ancora, come nel caso degli Attivi e dei cosiddetti Saranno Famosi, la trasformazione digitale ha preso il via, ma sono ancora necessarie competenze interne altamente specialistiche (tecnologiche e/o organizzative) perché si possa realmente mettere in campo la trasformazione immaginata. Infine, gli Imitatori avranno bisogno di confrontarsi e di vedere come realtà simili alla propria hanno cambiato il proprio modo di operare, raccontando la propria esperienza, per mettere a fattor comune le conoscenze acquisite. Per queste PMI entrare a far parte di un ecosistema dinamico, vivo e propositivo può dare una forte accelerazione alla trasformazione digitale”.