Intelligenza artificiale in Italia: bene, ma non benissimo

In Italia, l’adozione dell’intelligenza artificiale da parte delle aziende parte in ritardo. Solo un’azienda su quattro dispone di un piano di IA allineato al piano strategico. Lo sostiene lo  studio di Minsait realizzato insieme all’Università LUISS Guido Carli

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Roberto Carrozzo, Head of Intelligence & Data - Minsait

“Nei prossimi mesi, aziende e organizzazioni dovranno integrare l’Intelligenza artificiale  come asse centrale del proprio business, promuovendo una trasformazione culturale in grado di contrastare la resistenza naturale al cambiamento. A questo fine, dovranno seguire un approccio duplice e complementare, combinando l’intelligenza artificiale applicata ai casi d’uso di impatto tangibile con un governo dell’AI in grado di garantire la gestione del cambiamento su solide basi operative e un uso tecnologico responsabile”.

A parlare è Roberto Carrozzo, Head of Intelligence & Data di Minsait in Italia, che commenta lo studio condotto dalla sua azienda insieme all’Università Luiss Guido Carli, secondo il quale in Italia l’adozione dell’intelligenza artificiale da parte delle aziende parte in ritardo. Solo un’azienda su quattro dispone di un piano di IA allineato al piano strategico.

Tra le aziende che hanno già intrapreso questo percorso, le organizzazioni esprimono l’efficienza operativa come obiettivo principale: stando dati dello studio, il 25% delle aziende cerca di ottenere una maggiore efficienza nelle proprie operazioni come leva fondamentale per migliorare la propria competitività. Un’altra motivazione frequentemente citata è quella di migliorare l’esperienza dei clienti e dei cittadini con cui interagiscono (20%).

Per quanto riguarda gli ambiti di applicazione, un interesse importante per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale riguarda l’area marketing e vendite verso i clienti, con circa il 45% delle risposte. Un altro ambito dove risulta essere molto applicata è quello legale, con oltre il 50% di interesse. Tale interesse risulta giustificato dal fatto che il settore legale è estremamente orientato alla gestione dei documenti, in termini di analisi di grosse moli documentali e produzione di documenti. Questi processi, al giorno d’oggi, possono essere del tutto o in parte automatizzati tramite l’IA.

“In ogni caso, purtroppo, tante aziende sono ancora timide nel partire con casi d’uso effettivi. Le principali barriere che rallentano questo percorso, secondo lo studio, sono la carenza di competenze e talenti di professionisti specializzati nell’Intelligenza Artificiale (19%), con le figure del Ricercatore dell’IA e del Data Scientist che sono tra le più ricercate nelle aziende (circa il 75%), e la mancanza di fattori tecnologici abilitanti (16%)”, dice ancora Carrozzo, che evidenzia come altro ostacolo all’adozione sia la limitata maturità delle aziende italiane in termini di infrastruttura tecnologica: “A prescindere dalla dimensione dell’azienda, la maggior parte di queste ancora non hanno un’infrastruttura abilitata (circa il 65%)”.

L’intelligenza artificiale consente nuovi modelli di business e trasformazioni dell’esistente, moltiplicando la portata, l’agilità ed efficacia delle organizzazioni e il ritardo nell’adozione dell’IA limita la capacità di sfruttare appieno il potenziale di questa tecnologia dirompente.

“Nei prossimi anni, le iniziative di AI saranno protagoniste nel promuovere la trasformazione tecnologica nelle aziende e nelle amministrazioni. Bisogna accelerare il grado di adozione dell’intelligenza artificiale nelle nostre aziende, che oggi rappresenta un vantaggio competitivo ma domani sarà una necessità per rimanere competitivi sul mercato”, conclude Carrozzo.


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