Enrico Loccioni: lasciatevi ispirare dalla conoscenza

“Non chiediamo di meglio che ispirare ed essere ispirati”. Così Enrico Loccioni riassume l’essenza della realtà che, rifacendosi al concetto di impresa basata sulla conoscenza, ha fondato negli anni Settanta nella sua regione, le Marche. Oggi Loccioni è un player internazionale nella misura per il controllo qualità e lavora a stretto contatto con nomi di spicco dell’elettronica.

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Loccioni Enrico

di Virna Bottarelli | “Sono nato nella campagna marchigiana, da una famiglia di agricoltori, in una casa in cui non c’era nemmeno l’elettricità”. A parlare è Enrico Loccioni e ripercorrere la sua storia è come rivedere un documentario sull’Italia del secondo dopoguerra: un Paese essenzialmente agricolo, in via di industrializzazione, ricco di opportunità per le menti più geniali e per i giovani più intraprendenti.

“Aver vissuto in prima persona il processo di elettrificazione delle aree rurali e il carico di innovazione che questo ha portato è stata la scintilla che ha acceso in me la passione per la tecnologia e per il miglioramento continuo”, racconta, spiegando come “il patrimonio culturale dei monaci benedettini, di cui la nostra zona è la massima espressione a livello mondiale, e quello familiare del legame con la terra e il lavoro nei campi” siano stati i semi del modello e dei valori dell’impresa da lui avviata nel 1968 come elettricista. Poi, come in tante storie di successo, un incontro fortunato, quello con Aristide Merloni: “Da lui ho capito che fare impresa significava libertà di intraprendere”. Per i primi vent’anni l’attività di Loccioni ruota intorno all’impiantistica industriale e si focalizza da subito sulla qualità: si cercano clienti importanti e si reclutano i migliori collaboratori dalle scuole del territorio. “Negli anni Settanta abbiamo realizzato il primo sistema di collaudo automatico per il controllo qualità e sicurezza delle lava-biancheria in linea di produzione per Vittorio Merloni. Si trattava del primo sistema di quel tipo al mondo, che ci ha fatto guadagnare la fiducia di altri grandi player del settore degli elettrodomestici”.

Da quel momento la misura per il controllo qualità diventa la competenza principale di Loccioni, che oggi opera anche nei settori automotive, ferroviario, aerospaziale, medicale, energetico, ambientale e agroalimentare e ha rapporti importanti con diversi player dell’elettronica.


L’articolo è stato pubblicato sul numero 27 di Elettronica AV


Siete parte attiva della filiera elettronica europea: come è cambiato negli anni il settore? Oggi si può parlare di una rinascita dell’elettronica nel Vecchio Continente?

L’elettronica ha vissuto fasi alterne, sia in Europa che in Italia, forse in termini industriali, ma non certo in termini di genialità. Riavvolgendo il nastro, scopriamo che alcune delle menti più brillanti in questo settore vengono proprio dall’Italia: Adriano Olivetti, Pasquale Pistorio, Federico Faggin, Bruno Murari e tantissimi altri. Dalla fase pionieristica degli anni Cinquanta, alla fase consumer degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, all’era delle telecomunicazioni e delle reti della fine del XX secolo fino all’odierna era della digitalizzazione, l’Italia c’è sempre stata. Adesso, però, deve esserci ancora di più. A questo proposito è necessario citare proprio una frase di Pistorio: “Non ci può essere una società avanzata senza un’elettronica avanzata”. Oggi parliamo di transizione energetica, decarbonizzazione, digitalizzazione e dobbiamo tenere ben presente che tutti questi processi hanno l’elettronica come competenza fondamentale e abilitante. In questi termini è possibile vedere comunque un grande fermento, sia in Europa che in Italia, basti pensare all’importantissimo centro di produzione di semiconduttori SiC di STMicroelectronics a Catania. Loccioni ha iniziato nell’elettronica con sistemi di test per centraline di controllo del motore termico circa quindici anni fa. La grande spinta della digitalizzazione, sia nel settore auto che in quello dei data center e dell’energia, ci ha portato a fare diverse esperienze. Poi, quando a livello europeo si è intrapresa in modo deciso la strada dell’elettrificazione, ci siamo trovati di fronte nuove sfide e i nostri clienti, soprattutto del mondo auto, hanno iniziato a chiederci test per componenti nuovi come l’inverter. Siamo passati dall’elettronica dei segnali all’elettronica di potenza compiendo un grande salto tecnologico, superando una barriera tecnologica molto importante, che per l’Europa può rappresentare una nicchia di competenza e di qualità. L’elettronica di potenza si basa sui semiconduttori al carburo di silicio, la cui produzione storicamente era concentrata in Asia. Quest’accelerazione sull’elettrificazione sta impegnando un po’ tutti i player a portare la filiera in casa il più possibile e questo per noi significa avere l’opportunità di entrare con la nostra competenza di misura nel cuore dell’elettronica di potenza. Ma è fondamentale che quest’onda coinvolga sempre di più i giovani studenti.

A proposito di giovani, rilevate anche in Loccioni una certa difficoltà a reperire profili tecnici?

Fin dall’inizio della nostra storia collaboriamo con le scuole e le università del territorio per intercettare i migliori talenti e orientare le scelte. Oggi questo approccio è ancora più importante e ci vede sempre più impegnati. Dalle elementari ai dottorati di ricerca, sono innumerevoli i progetti con cui ospitiamo studenti e offriamo loro la possibilità di sperimentare il lavoro del futuro, così da scegliere consapevolmente sia l’indirizzo di studi, sia il modello di organizzazione in cui riconoscersi. È così che alleviamo i nostri futuri collaboratori, in un vivaio di talenti in cui a fare la differenza non è tanto il “cosa si fa”, ma il “come”. Parliamo di soft skills, di cultura d’impresa, del senso più alto del lavoro, che nel nostro caso è “misurare per migliorare. Per il benessere delle persone e del pianeta”. Una volta entrati nel team, le persone continuano a formarsi con un percorso di 36 mesi in cui, oltre a ricevere una formazione tecnica, hanno la possibilità di crescere come lavoratori della conoscenza. Ovviamente, in questo momento in cui elettrificazione e digitalizzazione sono i driver dello sviluppo, cerchiamo profili come ingegneri elettrici, elettronici e informatici anche al di fuori del territorio, collaborando con le migliori università italiane. Ma al centro c’è sempre la persona, prima ancora della competenza. La competenza la sviluppiamo qui ogni giorno. Perché in fondo siamo noi una scuola, una scuola pratica, che sta sul mercato e risolve problemi per i più grandi clienti del mondo.

Lavorate con un player importante come STMicroelectronics: come è nato il rapporto con il Gruppo italo-francese e in che cosa consiste la vostra collaborazione?

Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla sostenibilità con il progetto Leaf Community, uno dei nostri ispiratori è stato Pasquale Pistorio. Nel 2012 è venuto a trovarci e ci ha parlato di ST e della sua visione di un futuro elettrico, connesso e sostenibile, in cui l’elettronica di potenza avrebbe giocato un ruolo fondamentale. Trattavamo gli inverter per auto ibride/elettriche già dal 2012 con Magneti Marelli, da qui abbiamo intrapreso un percorso di proposta di valore per il test degli inveter, presentando al mercato le nostre soluzioni e accettando sempre nuove sfide. La più importante è arrivata nel 2018: si trattava del test di un modulo di potenza fatto con un semiconduttore SiC. Sempre nello stesso periodo STMicroelectronics ci coinvolge anche nella fase produttiva del SiC. Abbiamo sviluppato per l’azienda di Agrate un upgrade del sistema Elektra, che era stato realizzato per la prima volta per l’inverter Marelli di LaFerrari e che integra in un unico ecosistema diverse prove, normalmente distribuite in più banchi. È un’innovazione assoluta per il mondo Power Electronics: riproduce le condizioni di una vettura reale grazie a un gemello digitale che si interfaccia con il Power Module fisico. Si arriva così a simulare anche condizioni estreme, che permettono di rilasciare sul mercato prodotti assolutamente affidabili e sicuri.

Avete partecipato a Pcim Europe, evento di riferimento per l’elettronica di potenza: che cosa fate per questo comparto?

Pcim è un evento di portata mondiale di primissimo livello. Abbiamo partecipato con la nostra capacità di innovare e di ascoltare il cliente. Il mondo dei semiconduttori di potenza ha una base storica consolidata sul mercato industriale, quella dei robot e degli azionamenti, ma ora sta approcciando due nuove frontiere, l’auto e la conversione energetica, quindi nuovi clienti e nuove esigenze di test. È una fase di cambiamento che per noi rappresenta una nuova opportunità. A Norimberga abbiamo presentato le nostre macchine di test, nelle quali il protagonista principale è il “system level test”, ossia il test del semiconduttore di potenza nelle condizioni applicative finali, attraverso il nostro simulatore di motore elettrico, che consente di provare il tutto come se il dispositivo sotto test stesse realmente azionando un’auto elettrica, senza però averla fisicamente. Abbiamo potuto far conoscere la nostra competenza anche a player che fino ad oggi non ci conoscevano: Infineon, Onsemi, Wolfspeed. Come negli altri settori in cui operiamo, il nostro obiettivo è lavorare con i migliori del mondo e, dopo Bosch e STMicroelectronics, vogliamo accompagnare anche altre imprese nel loro processo di internalizzazione delle tecnologie di sviluppo, contribuendo all’indipendenza elettronica europea.

Un altro ambito che vi vede protagonisti è l’automotive: quando siete entrati in questo settore e che cosa proponete di innovativo? Penso, ad esempio, ai Nomadic Labs: ci spiega di che cosa si tratta?

Già all’inizio degli anni Ottanta abbiamo iniziato a fornire la Weber con sistemi di collaudo per carburatori, che poi sono diventati iniettori, common rail diesel, corpi farfallati. Insomma, in breve tempo siamo diventati il punto di riferimento per molti produttori di componenti per il controllo qualità in laboratorio e in linea di produzione. Dagli anni 2000, con il progetto Leaf Community, ci interessiamo di produzione da rinnovabili, di misurare flussi energetici e di integrazione di sistemi di accumulo per rendere il nostro campus sempre più efficiente e a impatto zero. Questo ci ha fatto trovare pronti, in termini di competenze, per la grandissima virata che il settore automotive ha avuto verso l’elettrificazione e oggi, oltre alla propulsione termica, siamo gli esperti nel collaudo di tutti i componenti della propulsione elettrica: motori e assali elettrici, inverter, batterie, fino al cuore pulsante che è costituito dai moduli e dall’elettronica di potenza. I Nomadic Labs sono il punto di congiunzione dei due mondi: sono sale prova containerizzate dedicate a fare campagne di misura per quei componenti, il cui collaudo richiede grossi picchi energetici. I Labs portano con sé l’energia di cui hanno bisogno, proveniente da fonti rinnovabili.

Loccioni è anche un modello imprenditoriale: concetti come “organizzazione orizzontale” e rapporti basati sulla fiducia sono per voi assodati. Vi sentite un po’ dei precursori di un nuovo modo di fare impresa?

Il nostro modello si fonda sulle radici della cultura contadina e del monachesimo benedettino. Le nostre basi sono valori ben precisi: la fiducia data a priori come strumento di conquista, il lavorare nell’incertezza delle stagioni, il lavoro per progetti, quindi, non ripetitivo, non manifatturiero, l’innovazione come comportamento, l’apertura e il sistema a rete come fondamenti dello sviluppo, la formazione continua e l’orientamento a pensare al futuro. Non so se siamo precursori, ma in letteratura abbiamo trovato nel modello di Impresa Basata sulla Conoscenza molte delle nostre caratteristiche. Un’impresa così concepita risolve problemi complessi e non standard che richiedono creatività, ha un’organizzazione piatta di dimensioni limitate, ha un alto numero di collaboratori qualificati, si sviluppa per crescita interna e per alleanze, piuttosto che per acquisizioni, tratta i suoi clienti individualmente, sviluppa l’organizzazione promuovendo le competenze dei collaboratori e ha una forte cultura d’impresa. Di certo non siamo casi unici, le imprese della conoscenza sono molte di più di quelle che pensiamo, ma spesso sono piccole realtà. Noi siamo sempre aperti allo scambio e non chiediamo di meglio che ispirare ed essere ispirati.


L’articolo è stato pubblicato sul numero 27 di Elettronica AV


 

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