Gli Usa e il reshoring: non è tutto così facile

I principali player di semiconduttori hanno annunciato e avviato la costruzione di nuove fab negli Stati Uniti. Per portare a termine con successo questi megaprogetti, però, ci sono criticità da affrontare e prenderle considerazione già durante la fase di pianificazione è fondamentale per rispettare budget e tempistiche. L’analisi degli esperti di McKinsey & Company.

62
Reshoring

Per l’industria dei semiconduttori si prevede una crescita media annua dal 6 all’8% fino al 2030, e per far fronte alla domanda la produzione dovrà raddoppiare. Negli Stati Uniti molte aziende hanno annunciato l’intenzione di costruire nuove fabbriche e alcune sono già in fase di costruzione, sulla scia di una rinascita della microelettronica. Il valore dei progetti, annunciati o presi in considerazione negli Usa, ammonta a 223 miliardi di dollari. Contribuiscono, ovviamente, le sovvenzioni federali stanziate con il “Chips and Science Act”. Le imprese stanno però incontrando diversi ostacoli: alcuni progetti hanno già subito ritardi, per via della carenza di manodopera e materiale, e i prezzi volatili delle materie prime rappresentano un altro elemento di incertezza. 

Reshoring sì, ma le criticità non mancano

Per molti anni, la produzione di chip è stata consolidata nel sud-est asiatico e in Cina. 

I semiconduttori fabbricati negli Stati Uniti ora rappresentano solo il 12% circa del totale globale, in calo rispetto al 37% di 30 anni fa, secondo una recente dichiarazione della Casa Bianca. La quantità prodotta varia in base alla dimensione del nodo: i chip con dimensioni dei nodi inferiori a dieci nanometri sono in gran parte prodotti in Asia orientale, sebbene alcuni stabilimenti al di fuori di questa regione stiano aumentando la produzione. Insomma, quando le catene di approvvigionamento funzionavano bene, le aziende avevano pochi incentivi a costruire nuove fabbriche al di fuori del sud-est asiatico, ma la pandemia e le conseguenti interruzioni della catena di approvvigionamento, la siccità nel 2021 a Taiwan e le tensioni geopolitiche hanno aggravato la situazione e spinto le aziende diversificare la produzione, esplorando anche il territorio statunitense.

La maggior parte degli investimenti in questo senso sta fluendo verso specifici cluster geografici: l’Arizona e il Texas, ad esempio, stanno attirando investimenti perché dispongono già di ecosistemi produttivi e i governi locali hanno storicamente fornito incentivi. Ma anche l’Ohio sta emergendo come un sito attrattivo, con oltre 20 miliardi di dollari di investimenti annunciati per le fabbriche a Columbus, e altri stati, come Indiana, New Mexico, Oregon, Utah e Virginia, sono sempre più presi in considerazione. Da oltre 20 anni non si costruivano fabbriche di questa portata negli Stati Uniti e sono pochi i costruttori locali che possiedono l’esperienza, le capacità e le competenze necessarie per realizzare questi progetti specializzati.

Anche in questo campo la guerra dei talenti si fa sentire, e non è banale reperire i professionisti necessari, dagli elettricisti agli specialisti di movimento terra. Inoltre, una volta realizzate, le fabbriche avranno bisogno di personale: ci saranno abbastanza tecnici per gestirle? Gli analisti stimano che gli Stati Uniti avranno circa 300.000 ingegneri in meno del necessario da qui ai prossimi otto-dieci anni. E per i tecnici qualificati il gap tra quelli richiesti e quelli disponibili è di 90.000 unità. Ad oggi i produttori di semiconduttori hanno avuto meno successo delle altre aziende high-tech nell’acquisire i migliori dipendenti. La scarsità di profili professionali adatti indurrà le aziende a offrire compensi altamente competitivi o a reclutare figure professionali provenienti da altri settori. Non è meno rilevante la sfida della sostenibilità: c’è una generale intenzione a voler ridurre le emissioni lungo le filiere di fornitura, ma molte aziende di semiconduttori non hanno ancora chiaramente articolato i propri obiettivi di sostenibilità e solo circa 60 aziende su 2.000 si stanno impegnando a rispettare gli obiettivi in questo senso. 

Infine, un tipico processo di produzione dei semiconduttori può comportare passaggi in più di cinque Paesi. Si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di costruire o spostare tratti della catena del valore più vicino a nuovi stabilimenti, ma questo richiederà ulteriori investimenti, perché per la creazione di un ecosistema di questo tipo servono infrastrutture.

Strategie utili e pianificazione 

Per affrontare al meglio le criticità elencate, ci sono però degli accorgimenti che le aziende possono attuare, a partire dalla fase di finanziamento. Infatti, gli incentivi governativi, da soli, non coprono l’enorme investimento di capitale necessario per costruire fabbriche all’avanguardia e servono strategie di finanziamento alternative, come ad esempio joint venture con capitali privati, partnership con mega-fondi di private equity, compresi quelli focalizzati su tecnologia e infrastrutture, grandi gestori di patrimoni privati o compagnie assicurative. Un altro suggerimento riguarda l’adozione di soluzioni prefabbricate e modulari che, se ben realizzate, possono conferire molteplici vantaggi, tra cui tempi di progetto più brevi, costi inferiori, ma anche una migliore sostenibilità, visto che la quantità di materiali di scarto potrebbe essere inferiore. I produttori di semiconduttori che vogliono aprire nuovi stabilimenti devono poi affinare le proprie capacità di negoziazione, perché le aziende fornitrici, visto che la carenza di manodopera, le interruzioni nella catena di fornitura e l’incertezza economica aumentano i rischi, tendono a includere nei contratti clausole che consentono loro di aumentare i prezzi.

Sarà importante, quindi, basarsi su analisi di mercato in tempo reale e monitorare costantemente acquisti e appalti. In sostanza, anche a loro servono nuove competenze per fissare prezzi migliori e realizzare margini che altrimenti andrebbero a vantaggio degli appaltatori. A fare da sfondo, in conclusione, deve essere una pianificazione accurata, basata su dati e che consideri tutti i vincoli possibili. Una volta creato un modello di questo tipo, si potrà procedere a uno schema di ottimizzazione delle risorse per tutte le fasi del megaprogetto. 

Le aziende di semiconduttori, quindi, potrebbero davvero inaugurare una nuova era, ma devono anche intraprendere un cambiamento importante nei loro stessi processi di pianificazione e costruzione delle fab, perché non è detto che strategie e processi fino a oggi adottati con successo altrove possano funzionare anche negli Usa.



Testo tratto dall’articolo “Semiconductor fabs: Construction challenges in the United States”, di Katy Bartlett, Ondrej Burkacky, Loraine Li, Rutger Vrijen e Bill Wiseman, McKinsey Global Publishing.

Articolo precedenteMouser firma un accordo di distribuzione globale con Ambiq
Articolo successivoDa ENEA sensori per mezzi elettrici che rilevano condizioni manto stradale

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui