Reshoring: rinascimento manifatturiero o mito industriale?

Le principali economie, dall’Europa agli Stati Uniti, emettono “Chips Acts” e lottano per la propria indipendenza nei semiconduttori. Ma è davvero possibile la rinascita della produzione di elettronica in Occidente?

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Steinberger Reshoring

di Georg Steinberger | 

Può il conflitto commerciale tra l’Occidente (in realtà più gli Stati Uniti, dato che l’Europa è fortemente indecisa) e la Cina guidare una rinascita della produzione elettronica europea? E se è possibile, come avverrà il reshoring? A partire dal 2023, l’interruzione durata due anni causata dalla pandemia potrebbe essere terminata, ma altri stravolgimenti, di tipo economico, ecologico, ma soprattutto geo-politico si profilano all‘orizzonte. L’ex conflitto relativo alle pratiche commerciali sleali tra Stati Uniti e Cina si è trasformato in una rivalità sistemica a tutto campo e ha portato a una ridefinizione del termine “globalizzazione”: de-globalizzazione, regionalizzazione, nuova guerra fredda, reshoring e probabilmente un sacco di altri termini che ci dicono più o meno la stessa cosa, ossia che è necessario ridurre la dipendenza dalla Cina.


L’articolo è pubblicato sul numero 21 di Elettronica AV


Il fenomeno del “decoupling”

Uno degli esempi più importanti di decoupling”, ovvero di disaccoppiamento tra le due maggiori economie del mondo, è la semi-dichiarata “guerra dei semiconduttori”, in gran parte basata sul crescente conflitto che ruota intorno a Taiwan. L’importanza dell’industria dei semiconduttori di Taiwan per l’economia globale non può essere esagerata, sia nell’effettiva produzione di semiconduttori che nelle attività di back-end di questi. L’attuale situazione può essere letta in quasi tutti i social media, giornali, riviste tecnologiche: l’Occidente sta trattenendo la tecnologia chiave dalla Cina, in particolare i semiconduttori di fascia alta e le apparecchiature per la produzione di semiconduttori, la Cina impedisce alle aziende occidentali di vendere i loro prodotti (ad esempio le memorie) per motivi di sicurezza. E tutte le regioni e le principali economie – Europa, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, India – si levano in giganteschi “Chips Acts” per lottare per la propria indipendenza strategica sui semiconduttori.

I ripensamenti dei produttori

Più in basso nel flusso del valore, vale a dire l’industria manifatturiera dell’elettronica, da qualche tempo si verificano considerazioni simili. Negli ultimi due anni, molte aziende hanno riconsiderato la strategia di produzione al fine di ridurre la dipendenza dalla produzione cinese, e da quello che un tempo era visto come l’Eldorado. Vari aspetti alimentano questo ripensamento: la tensione geopolitica, la complessità e quindi la vulnerabilità della filiera dell’elettronica, la minaccia permanente alla proprietà intellettuale e non ultime le regole e le responsabilità ESG (Environment, Social, Governance), che stanno diventando legalmente vincolanti e non semplicemente carine. E non dobbiamo dimenticare che alcuni governi, come quello francese, stanno sostenendo la tendenza al reshoring (in Francia, ovviamente) attraverso denaro, sussidi e consigli. Se si guarda all’industria elettronica europea e ai suoi numeri di mercato – una buona rappresentazione sarebbe la distribuzione europea di componenti, che è di gran lunga il canale più grande e più esteso – la tendenza al reshoring non si è ancora concretizzata. Negli ultimi due anni, quando sono iniziate queste considerazioni, l’industria si trovava troppo impegnata a risolvere i problemi di disponibilità, a trovare lavoratori qualificati e capacità produttiva per il business esistente; cercare di riportare il business dalla Cina su larga scala sarebbe stato un vano desiderio. Ma non stiamo sbagliando, tutto questo accadrà, anche se non sappiamo fino a che punto si arriverà. Soprattutto i clienti industriali sono preoccupati per la situazione e soppesano le numerose opportunità che il futuro mercato dell’elettronica offre (IoT, automazione di fabbrica, mobilità elettrica, energia rinnovabile, smart grid e molto altro ancora) confrontandosi con le crescenti preoccupazioni in termini di sicurezza, come furto di IP, rischi informatici e, ovviamente, anche con il clima politico. Inoltre, essere più vicini ai clienti finali europei e utilizzare i mezzi di digitalizzazione sia nell’efficienza produttiva che nella gestione della supply chain potrebbe diventare un‘opportunità anche dal punto di vista dei costi.

Il ruolo dell‘Europa e il possibile scenario

La vera domanda è: tutto questo è possibile? Voglio dire, è possibile su scala più ampia, che porti a una rinascita della produzione di elettronica in Europa? Negli ultimi 20 anni, il mercato europeo è cresciuto più lentamente dell’Asia e della Cina, e anche degli Stati Uniti, portando a un’erosione della quota di mercato globale dell’Europa. Questa erosione ha anche portato a uno spostamento delle catene di approvvigionamento e della produzione di materie prime. La Cina è di gran lunga il più grande produttore di Pcb, di plastica e di molte altre materie prime necessarie per la produzione di elettronica. Che senso avrà costruire una fabbrica in Europa se il 90% delle materie prime viene ancora approvvigionato in Cina? Il riorientamento dell’intero ecosistema, se preso sul serio, richiederà anni e avrà un prezzo alto da pagare.

Lo scenario più probabile per ridurre la dipendenza dalla Cina a mio avviso risiederà in un mix di reshoring in Europa e di utilizzo crescente di paesi asiatici in prossimità della Cina che potrebbero fungere da rifugi più sicuri: Filippine, Malesia, Vietnam, Indonesia, India. Tagliare completamente fuori la Cina dall’industria elettronica globalizzata è quasi impossibile, le interdipendenze sono troppo grandi e la necessità di una certa massa critica per gestire un’attività redditizia è troppo potente.

Il posto dell’Europa in questo gioco non può essere definito attraverso il vicolo politico o attraverso la concorrenza sui prezzi. Chi vuole produrre con profitto in Europa, deve farlo attraverso qualità, rapidità, efficienza, vicinanza al cliente e flessibilità. La politica può aiutare con la governance e gli standard, così come i clienti anteponendo alcuni valori (come ESG e sostenibilità) al solo prezzo.


L’articolo è pubblicato sul numero 21 di Elettronica AV


 

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