Rischi, pericoli e incertezze dell’economia globale

«L’economia globale zoppica e le prospettive sono mediocri». È quanto afferma Pierre Olivier Gourinchas, consulente del Fondo Monetario Internazionale. E queste non sono buone notizie.

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di Alan Friedman |

La notizia dell’attacco terroristico di Hamas a Israele, con il conseguente rischio di nuove esplosioni di violenza e nuovi conflitti in Medio Oriente, è giunta proprio mentre i rappresentanti di 190 Paesi arrivavano a Marrakech, nel Marocco devastato dai terremoti, per le riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.

I ministri delle finanze avevano già più di un motivo per essere preoccupati, con tutti i pericoli geopolitici che sempre più minacciano l’economia mondiale. L’attacco a Israele, al di là dell’orrore umano, ha aggiunto l’ennesimo fattore di rischio in un panorama macroeconomico molto difficile, caratterizzato anche dalla persistente guerra tra Russia e Ucraina e da una inflazione che non accenna a diminuire.

Economia: la crescita rallenta

“L’economia globale zoppica”, ha dichiarato il 10 ottobre Pierre Olivier Gourinchas, consulente del Fondo Monetario Internazionale, annunciando le prospettive economiche mondiali per il 2024. La crescita globale rallenterà dal 3,5% del 2022 al 3% di quest’anno, per arrivare al 2,9% nel 2024, con una lieve revisione al ribasso rispetto alle previsioni di luglio. Le ultime stime però non tengono conto della possibilità che un aumento del prezzo dell’energia (e dell’inflazione) causato dalla guerra in Medio Oriente possa frenare la crescita e gli scambi commerciali. In sostanza, se l’economia di tutto il mondo procede oggi a passo di lumaca le cause sono da rintracciare nella lotta all’inflazione, negli alti tassi di interesse che ne conseguono, nella guerra in Ucraina e i vari sconvolgimenti che ha causato e nella frammentazione dei commerci derivante dalla nuova situazione geopolitica.

Un panorama disomogeneo

Il quadro però non è uniforme. Ci sono importanti divergenze. Il rallentamento, ad esempio, è più marcato nelle economie avanzate rispetto a quelle emergenti e in via di sviluppo.

Sempre l’FMI, per esempio, ha rivisto al rialzo la previsione di crescita degli Stati Uniti: più 0,3 punti percentuali per il 2023, arrivando quindi al 2,1%, e più 0,5 per il 2024, per un 1,5% di crescita. Tra le ragioni di questo incremento ci sono i robusti investimenti aziendali e il rafforzamento dei consumi. Al contrario, in zona euro le correzioni sono al ribasso. Per quest’anno dallo 0,9% si passa allo 0,7%. Per il 2024, dall’1,5% all’1,2%. Tutto questo mentre si fanno sentire gli effetti avversi della politica monetaria restrittiva della Bce e dell’aumento dei prezzi dell’energia.

Secondo l’Fmi la Germania va incontro a un rallentamento ancora più doloroso: nelle previsioni, l’economia tedesca si contrarrà dello 0,5% quest’anno, per poi riprendersi l’anno prossimo con una crescita dello 0,9%. Sono dati peggiori persino di quelli dell’economia russa, che nonostante le sanzioni crescerà del 2,2% quest’anno, prima di rallentare all’1,1% nel 2024.

Com’è ovvio i 20 Paesi che condividono la moneta europea sono più esposti all’aumento dei prezzi dell’energia rispetto agli Stati Uniti, che invece sono autosufficienti da questo punto di vista. L’Italia, ancora alle prese con un’inflazione alta e con dei tassi di interesse elevati, vede ridurre le proprie previsioni di crescita per quest’anno di 0,4 punti percentuali: dall’1,1% allo 0,7%, mentre per il 2024 si passa dallo 0,9% allo 0,7%. È un contrasto stridente con le previsioni ufficiali del governo italiano, che erano ben più ottimistiche e che con ogni probabilità andranno ritoccate verso il basso, prima o poi.

Per la Cina invece ci si aspetta una crescita del 5% quest’anno e del 4,2% nel 2024. Stime comunque ribassate anche per la seconda economia più grande al mondo, rispetto a quanto prospettava l’Fmi nello scorso luglio. Dopo la fine dei draconiani lockdown “zero-Covid” imposti dal governo comunista, era previsto un rimbalzo, ma le prospettive di crescita sono minate anche dai problemi interni. Un settore immobiliare sovradimensionato ha innescato una crisi sbalorditiva.

La deglobalizzazione preoccupa

L’Fmi ha anche espresso preoccupazione per la deglobalizzazione ho avuto modo di parlarne nel dettaglio su queste stesse pagine, nel corso degli ultimi mesi e per la frammentazione del commercio mondiale, che comporta un rallentamento complessivo.

Si stanno in sostanza creando dei blocchi geopolitici, e secondo il Fondo questa tendenza rischia di frenare i commerci internazionali e la crescita economica. Si tratta di una sfida gigantesca. Non meno grande della guerra. Gourinchas, il capo economista dell’Fmi, ha dichiarato che è troppo presto per prevedere quali effetti avrà il conflitto in Medio Oriente sull’economia globale: “Ci sono molti scenari diversi, a seconda di come evolverà la situazione, che non abbiamo nemmeno iniziato a valutare. Al momento, quindi, non possiamo fare alcuna valutazione”.

L’Fmi però monitora la situazione, ha dichiarato, sottolineando che il prezzo del petrolio è cresciuto del 4% negli ultimi giorni. Un dato che riflette le preoccupazioni dei mercati per delle possibili interruzioni nei trasporti o nella produzione stessa del petrolio. Secondo alcune ricerche condotte dall’ente internazionale, se il petrolio rincarasse di un 10% la produzione globale si contrarrebbe dello 0,2% circa, e nel contempo aumenterebbe l’inflazione su scala globale dello 0,4% circa. Ancora una volta, il futuro è incerto.

Incertezze per investitori e imprese

Riassumendo: i perduranti effetti della pandemia, la guerra in Ucraina, i tassi di interesse, gli eventi meteo estremi e la scarsa flessibilità fiscale lamentata da molti Paesi sono tutti fattori che rallentano la crescita globale. Adesso è arrivata anche la guerra in Medio Oriente.

Gourinchas ha rilasciato anche un’altra dichiarazione decisamente allarmante: alla luce di tutti questi pericoli e delle attuali tendenze economiche, le prospettive a medio termine sono a suo dire “mediocri”. E questa non è una buona notizia.

A livello generale l’Fmi non prevede che l’economia si schianterà, ma che piuttosto andrà incontro a un “atterraggio morbido”. I rischi al ribasso sono molteplici, e non si limitano al contesto geopolitico: dalla crisi immobiliare cinese, ai prezzi delle materie prime, che sono elevati e soggetti a fluttuazioni, dalle interruzioni agli sconvolgimenti che hanno colpito le catene di approvvigionamento negli ultimi tempi, senza dimenticare tutte le questioni relative alla sicurezza alimentare mondiale e al rischio di un’impennata dell’inflazione. Il conflitto tra Israele e Palestina, con le conseguenze a cascata che potrebbe avere sui tassi di cambio, sui mercati azionari e sui costi dell’energia, è solo l’ultimo fattore di rischio in ordine di tempo. Un’altra voce nel lungo elenco dei pericoli che causano incertezze per investitori e imprese. Quando il mondo intero è un panorama fosco come oggi, chi vorrebbe investire spesso preferisce mettere in pausa i propri progetti.

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