Da Segula cinque punti per la transizione ecologica dell’industria

Jean-Luc Baraffe, Director Research and Innovation di Segula Technologies, mette in luce cinque linee guida utili per far avanzare l'industria nel percorso di trasformazione ecologica ed energetica

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Segula Jean Luc BaraffeNonostante il calo delle emissioni di CO2 a seguito della pandemia, nel 2020 l’andamento del riscaldamento globale ha continuato ad allontanarsi dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi. In questo contesto preoccupante, è necessario che l’industria prosegua nel suo percorso di trasformazione ecologica ed energetica per limitare il suo impatto sul clima. Come si può fare? Jean-Luc Baraffe, Director Research and Innovation di Segula Technologies, mette in luce cinque linee guida utili. Vediamole di seguito.

1. Scegliere un mix energetico meno inquinante

A livello globale, la produzione di elettricità rappresenta quasi il 27% delle emissioni di gas serra. Questo impatto significativo può essere spiegato dall’uso massiccio di carbone, gas e olio combustibile per alimentare le centrali elettriche. Di fronte a questi fatti, una vasta maggioranza di aziende energetiche si è recentemente impegnata a rendere più verde la propria attività. Il primo passo è quello di diversificare le fonti, dando più spazio alle energie rinnovabili (eolico, solare ecc.), a forme di elettricità meno emissive (nucleare, idroelettrico, gas ecc.) o alla produzione di idrogeno a basso contenuto di carbonio, molto popolare negli ultimi anni, e per il quale una grande sfida è riuscire a produrlo a basso costo. I produttori sono anche interessati all’innovazione nell’immagazzinamento dell’energia, che faciliterebbe l’uso delle energie rinnovabili direttamente presso i loro siti di produzione. Tra le sperimentazioni più promettenti, possiamo citare la soluzione Remora, che permetterà l’immagazzinamento massiccio di energie rinnovabili intermittenti sotto forma di aria compressa. Rendere più ecologica la produzione di energia è comunque una sfida ancora impegnativa, con il carbone ancora utilizzato in modo massiccio in alcuni Paesi per alimentare le centrali energetiche. In questo contesto, la buona notizia viene dalle istituzioni nazionali e internazionali. Che si tratti di un piano di rilancio locale o degli aiuti europei sovranazionali, la generale tendenza di questi ultimi mesi è quella di dirigere le sovvenzioni verso progetti che contribuiscono in modo significativo alla transizione energetica.

2. Progettare prodotti più “verdi”

Di fronte all’emergenza climatica, gli ingegneri devono rivedere i loro metodi di progettazione per proporre soluzioni e processi che presentino un’impronta di carbonio ridotta durante tutto il ciclo di vita del prodotto. Questo design ecologico inizia con un approccio ai materiali che tenda d’occhio l’economia. Pensiamo all’industria automobilistica, ad esempio. Usare materiali con una minore impronta di carbonio, reintrodurre la plastica dai canali di riciclaggio o sostituire la fibra di carbonio con la fibra di basalto dalla roccia magmatica vulcanica in un nuovo veicolo, può ridurre concretamente la sua impronta di carbonio. Alcuni nostri studi sembrano indicare che sarà possibile in futuro integrare le ceneri pesanti (residue della combustione) per ridurre la quantità di materia prima vergine utilizzata per produrre il cemento (un grande generatore di gas serra), così apprezzato dall’industria delle costruzioni. La seconda grande sfida per l’industria in termini di eco-design sarà la sua capacità di progettare prodotti il cui uso futuro limiterà la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Anche qui, è il mondo dei trasporti a mostrarsi particolarmente interessato: aerei a idrogeno, autobus elettrici, barche ibride elettriche/biogas…. Veicoli che dovrebbero anche essere più leggeri per ridurre ulteriormente la quantità di energia necessaria per la propulsione. Il principale ostacolo a questo approccio di eco-design nell’industria? I prezzi. Questi nuovi prodotti più virtuosi saranno più costosi da produrre e, di conseguenza, da commercializzare.

3. Impegnarsi per un’economia circolare

Produrre, vendere, eliminare, sostituire. Questo è il modello economico secolare della produzione industriale, che produce grandi emissioni di gas serra, e non sembra più compatibile con le questioni climatiche. I protagonisti dell’industria devono cambiare il loro modello per proiettarsi in un’economia circolare, dove i rifiuti di oggi saranno le risorse di domani. Questo è particolarmente vero nel settore della mobilità, in cui molti stanno lavorando sul recupero dei veicoli, sulla base del seguente principio: invece di sostituire il vostro vecchio modello con uno nuovo, il produttore potrà offrirvi un “aggiornamento” regolare del vostro veicolo, proprio come uno smartphone ricondizionato. Per esempio, sostituirà il vostro vecchio motore diesel con un motore a idrogeno o vi offrirà moduli di ricambio per gli aspetti più soggetti a consumo (tappezzeria interna, cruscotto ecc.). Tutto ciò limiterebbe in modo importante la produzione – e l’impatto ambientale – dei veicoli completamente nuovi. Questo nuovo approccio può tuttavia sconvolgere seriamente le professionalità e l’organizzazione stessa del settore. Gli ingegneri automobilistici dovranno progettare veicoli capaci di superare il milione di chilometri, rispetto alle poche centinaia di migliaia di oggi. Da parte loro, i produttori dovranno ripensare la loro offerta commerciale per garantire ai clienti una manutenzione rapida ed efficace. La manutenzione predittiva e l’intelligenza artificiale invaderanno tutti i sistemi (prodotti e fabbriche) per intervenire prima che si verifichi un costoso guasto.

4. Rendere più intelligenti le fabbriche

Oltre a modificare il mix energetico o a progettare i prodotti in modo più sostenibile, i grandi gruppi industriali devono anche rivedere i metodi di produzione se desiderano raggiungere i loro obiettivi ambientali. Fabbriche più intelligenti, più digitali e quindi più efficienti sono alla base del concetto di Industria 4.0 che ha preso piede negli ultimi anni. Questa trasformazione sta avvenendo sul campo attraverso l’integrazione di nuove soluzioni tecnologiche nei siti di produzione: monitoraggio delle linee produttive, realtà aumentata, stampa e scansione 3D, manutenzione predittiva, intelligenza artificiale ecc. Ormai mature, queste tecnologie aiutano a ottimizzare il consumo energetico dell’impianto e a migliorare l’efficienza dei processi produttivi (minor consumo delle macchine, riduzione dei fermi macchina, minor volume di rifiuti generati, emissioni inquinanti inferiori ecc.) In altre parole: le basi della fabbrica di domani si pongono oggi.

5. Riorganizzare i team

Lavoro da remoto, divieto di viaggi internazionali, riunioni a distanza… Come la maggior parte dei settori economici, anche l’industria ha dovuto rivedere le abitudini di lavoro di fronte alla crisi sanitaria. Questo contesto senza precedenti ha anche permesso di ridurre le emissioni di CO2 a livello mondiale di circa il 7% nel 2020. Attenzione: i produttori non devono fermarsi qui! Al contrario, devono approfittare di questa esperienza per ripensare la loro organizzazione nei prossimi anni. Sul campo, le aziende del settore devono quindi continuare i loro sforzi per evitare viaggi non necessari, oltre al consumo e allo spreco di materiali, che la crisi ha dimostrato essere inutili. Questo cambiamento di mentalità non riguarda solo le funzioni di supporto, ma può essere applicato anche alle attività di produzione, soprattutto grazie alla digitalizzazione degli strumenti. Diventerà essenziale facilitare il car pooling, incoraggiare l’uso del trasporto pubblico e, naturalmente, integrare in modo significativo e continuativo il lavoro da remoto. Questo sarà anche un criterio per attirare una nuova generazione di dipendenti, più attenta alle politiche di Responsabilità Sociale d’Impresa dei datori di lavoro. Il vantaggio estremo di questo nuovo approccio è la sua semplice applicazione, che non richiede grandi investimenti.


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