di Georg Steinberger |
Mentre stiamo oggi tecnicamente osservando il raffreddamento di quel periodo surriscaldato durato due anni nel mercato mondiale dei componenti, la domanda che ci poniamo è come saranno in futuro il panorama del settore e la mappa geopolitica per il nostro business. L’Europa e le sue “vecchie” industrie sono preparate a una de-globalizzazione e una maggiore indipendenza strategica? Naturalmente, questo è un articolo sull’industria dei componenti. Ciò che suggerisce il titolo è solo una metafora di ciò che sta accadendo nel nostro settore. Gli investimenti nelle infrastrutture informatiche e digitali legati al Covid in tutto il mondo e l’impennata post-Covid in tutti gli altri settori hanno portato l’industria dei componenti a una carenza di componenti, in particolare semiconduttori, molto lunga e dolorosa, che un leader del settore ha definito “Il Grande Shortage”. Allo stesso tempo, abbiamo visto la Russia iniziare una guerra contro l’Ucraina e i rapporti tra Stati Uniti e Cina esacerbarsi a causa di pratiche commerciali sleali e minacce contro Taiwan, fino al punto che in molti opinionisti ed esperti hanno iniziato a parlare di una nuova guerra fredda e della necessità di separare le supply chain globali per essere meno dipendenti da una Cina prepotente. Questo è quello che definirei un cambiamento climatico geopolitico di dimensione epica.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero 18 di Elettronica AV
Gli investimenti in semiconduttori
Ogni grande area del mondo sta riversando decine, se non centinaia, di miliardi di dollari, in sussidi dedicati alla produzione di semiconduttori per i prossimi dieci anni, con l’obiettivo (degli Stati Uniti) di proteggere la proprietà intellettuale sui semiconduttori o con lo scopo (dell’Europa) di garantire un migliore accesso alla tecnologia di fascia alta, ma in entrambi i casi finalizzati a creare una sorta di vantaggio su altre nazioni o regioni per quanto riguarda il “nuovo” petrolio e la sua corretta applicazione alle tecnologie future. Come può funzionare economicamente ma, soprattutto, come possiamo giustificare il fatto che i cittadini comuni paghino miliardi di sussidi a società che hanno appena accumulato fortune immense durante una crisi di due anni? Dal punto di vista economico, il mercato dei semiconduttori deve essere globale per essere in grado di fare soldi: la massa critica in termini di volumi diminuisce i costi e aumenta la necessità di nuove tecnologie di produzione. Sembra un mercato abbastanza grande e promettente, quindi, perché non investire? Ecco il trucco: una nuova fab con processi all’avanguardia (sotto i 5 nanometri) costa probabilmente circa 20 miliardi di dollari. Per recuperare l’investimento in una singola fabbrica all’avanguardia, è necessario raggruppare quanta più produzione possibile in quella struttura. Questo è l’avvincente modello di business di Tsmc, che si rivolge in tutto il mondo a qualsiasi entità conosciuta nel mercato dei semiconduttori. E così “fa soldi”.
Un ecosistema per la progettazione
La dipendenza di gran parte dell’industria dei semiconduttori da Tsmc, la guerra russa e le tensioni sugli attriti commerciali tra Cina e Stati Uniti (e non solo) hanno portato i leader dell’Unione Europea a un piano per investire più fondi pubblici in una strategia di produzione di semiconduttori in Europa volto a contribuire a rendere l’Europa più indipendente e diventare un epicentro per la produzione all’avanguardia. Mentre questo potrebbe essere messo in discussione dal punto di vista del mercato (la domanda europea di semiconduttori all’avanguardia a livello di sub-5 nm è semplicemente troppo piccola) la costruzione di un ecosistema per la progettazione e lo sviluppo di semiconduttori è certamente una buona idea, perché i chip non sono solo hardware, ma sono proprietà intellettuale inserita nell’hardware. Ci vorrà più tempo, tuttavia, rispetto al 2030 stimato nell’European Chips Act, in quanto i progetti sono realizzati da persone e società, e attualmente ci sono troppo pochi ingegneri e startup. Inoltre, l’Europa è fortemente dipendente dalle industrie del settore automotive e industriale, dove i requisiti relativi ai semiconduttori sono meno all’avanguardia e poco allo state dell’arte. Per fortuna, l’European Chips Act consente anche investimenti in prodotti e tecnologie, che sono più vicini agli interessi dei clienti europei.
Così fan tutti
Tuttavia, ritorno ancora al punto, perché ciò dovrebbe giustificare del denaro da parte dei contribuenti se si tratta di un’attività che a lungo termine si prospetta redditizia? La ragione è una sola: lo fanno anche tutti gli altri, Usa, Cina, Corea, Taiwan. Se un’azienda ha bisogno di miliardi di dollari di sussidi per costruire una fabbrica per un’attività redditizia, dov’è il ritorno sugli investimenti per la società? Soprattutto in un momento in cui l’inflazione sale, i debiti aumentano e molti cittadini non sanno come pagare le bollette dell’energia? Immagino che la risposta sia cinica: in un’economia in cui la crescita è il mantra, devi avere sempre di più, devi stare a tutti i costi al passo con nemici e amici per mantenere un certo tenore di vita per le tue persone, altrimenti diventi il loro banco di lavoro a basso costo. E se i semiconduttori sono davvero il “nuovo” petrolio che guiderà l’economia del futuro, si deve non tenere conto della difficile situazione attuale, ma pensare a quelle che saranno le esigenze dei mercati tra 20 anni. Ci vorrà infatti una generazione di 20 anni per costruire questo nuovo mercato. E una generazione di persone entusiaste, che vogliono diventare leader di questo settore, invece che influencer sui social media.
Chi è Georg Steinberger
Da oltre 30 anni presente nel settore dell’elettronica e in particolare in quella della distribuzione di componenti elettronici, Georg Steinberger ha iniziato la sua carriera gestendo come capo redattore Markt & Technik, la più importante pubblicazione commerciale di elettronica in Germania, per poi entrare nel 1998 in Avnet Electronics Marketing Emea. In Avnet, dove ha ricoperto per 23 anni il ruolo di Vice President Communication, si è occupato di marketing, comunicazione, eventi, conformità ambientale, analisi e ricerche di mercato, customer engagement, digital experience & e-commerce, global branding, associazioni ed enti internazionali, Corporate Social Responsibility, Supply Chain Marketing. È stato per diversi anni anche Presidente di Dmass, l’associazione che riunisce i distributori di semiconduttori in Europa. Dall’inizio del 2022 ha deciso di lasciare Avnet per mettere la sua esperienza di Business Strategy Specialist a disposizione di un mercato più ampio.